L’esordio solista dell’artista fiorentina Francesca Messina, già conosciuta, tra le altre cose, per l’esperienza passata nello showbiz musicale come Lady Violet e per la partecipazione alla Biennale di Venezia con la compagnia teatrale di Barbara Nativi, apre il mese di marzo con il primo album a nome Femina Ridens. Patrocinato dalla buona stella di a A Buzz Supreme, Femina Ridens si rivela un album tagliente, beffardo, in grado di deturpare ogni idea collegata alla parola romanticismo fino a ridurla a brandelli. In effetti, nelle otto canzoni che compongono il disco si innesca una battaglia dai toni acuti dove le parole di Francesca cadono come una ghigliottina a recidere quel sentimentalismo da quattro soldi, abusato e sterile. Al contrario, tutto quanto potrebbe rientrare sotto la generica categoria di amore, relazioni, rapporti, è filtrato da un generale senso di inquietudine e di ansia aggressiva.
Non stupisce quindi che il senhal scelto per offrire al pubblico tale progetto, conduca all’omonimo film di Piero Schivazappa del 1969, dove l’imperfezione amorosa sopra descritta, è esasperata nella storia sadica e malata del dottor Sayer, un uomo ricco quanto misogino e regista di elaborati incontri erotici dove le donne partecipano come attrici di giochi sadici e perversi. Come nella visione di Schivazappa, anche in Femina Ridens, l’album, la figura femminile si rivela una non-vittima, tutt’altro, dimostra la propria forza e la propria capacità di rovesciare la situazione di apparente sottomissione a suo vantaggio. E allora tutte le figure maschili – dove questo maschile non è necessariamente inteso in senso sessuale, ma è un generico altro o opposto – vanno incontro al disfacimento; succede a Barbablù, al finto umile di Appariscente o all’inetto di Ciò che non hai fatto. È una rabbia profonda, ragionata e non semplicemente istintiva a fare da fil rouge per tutto l’album; non c’è assoluzione nella parole di Francesca Messina che dimostra una lingua spietata nello spogliare le bugie dalle giustificazioni mettendo a nudo le situazioni per quello che sono: banali incontri del quotidiano che prendono mosse in quei “posti di merda” da tempo conosciuti (Tutto il mio silenzio). Chi arrivato all’ascolto di Appariscente non si sentirà attratto dalla sua voce, misto fra Cristina Donà, Antonella Ruggiero e Petra Magoni, e ammaliato dai ritmi scarni e sensuali, non potrà apprezzare degnamente Femina Ridens. Non sono previste via di mezzo o atteggiamenti conciliati, e del resto non sarebbero in sintonia con il senso globale dell’album. A favore dell’antico manicheismo, l’alternativa all’amore è l’odio se non il disprezzo
Femina Ridens – Femina Ridens
Il primo lavoro di Francesca Messina a nome Femina Ridens si rivela un album tagliente, beffardo, in grado di deturpare ogni idea collegata alla parola romanticismo fino a ridurla a brandelli. Chi non si sentirà attratto dalla sua voce, un misto tra Cristina Donà, Antonella Ruggiero e Petra Magoni, e ammaliato dai ritmi scarni e sensuali, non potrà apprezzare degnamente Femina Rides
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IN SINTESIIl primo lavoro di Francesca Messina a nome Femina Ridens si rivela un album tagliente, beffardo, in grado di deturpare ogni idea collegata alla parola romanticismo fino a ridurla a brandelli. Chi non si sentirà attratto dalla sua voce, un misto tra Cristina Donà, Antonella Ruggiero e Petra Magoni, e ammaliato dai ritmi scarni e sensuali, non potrà apprezzare degnamente Femina Rides |