lunedì, Dicembre 23, 2024

Frankie Magellano – Adulterio e Porcherie (Muki Edizioni, 2012)

Frankie Magellano potrebbe farcela a fare un’ospitata da Serena Dandini, perchè davvero nella sua musica e nel suo mondo poetico ci sono tutti gli ingredienti di quella banalità “mancina” che  pesca a piene mani dentro al paniere dove certo folk radicato in alcune tradizioni regionali si confonde in modo anonimo con tutte le influenze est europee che da un po’ di tempo fanno il successo delle feste locali del PD dove ci sia da far marciare ragazzini, mamme, nonni tra porchetta e quel buonismo comunitario che ti fa sentire al sicuro dentro un recinto “che ci liberi dal male”. Magari ci liberasse davvero, perchè in fondo proprio in virtù della fascinazione da teatrino di strada che vorrebbe attraversare tutti i brani di “Adulterio e Porcherie“, la spinta popolana e parrocchiale di Magellano, fortemente ancorata alla vita di provincia nel racconto letterario, risulta tremendamente “ultra-prodotta” per tutti gli arrangiamenti e per un songwriting che non decolla mai tanto sembra un’imitazione dell’imitazione dell’imitazione del peggior Capossela di sempre, quello che viaggia nel chiuso della sua stanzetta, guardando il culo di una bottiglia, nel segno della migliore (o forse peggiore) tradizione letteraria occidentale. Alla fine, nel teatrino mobile di Frankie l’unica cosa che viene tenuta a distanza è proprio una convincente sporcizia, tutto quel sudiciume che gli piacerebbe raccontare, perchè lo schifo ci sembra proprio adattato alle esigenze rappresentative del salottino “politically correct”. Un “vocabolario semplice e immediato, mai distante nè vuotamente elaborato” racconta l’ufficio stampa con questo vizio decadente delle promozioni a scrivere recensioni pronte per l’uso; fosse davvero così, in realtà questa presunta immediatezza narrativa muore tra i suoni di una colonna sonora composta con il ricorso ad un folklore ammiccante ed esangue. Risulta allora difficile digerire questo ennesimo cantastorie che si muove con la solita “world music” casereccia, come se per forza dovesse essere a priori sinonimo di sincerità; in un periodo in cui dovremmo riprenderci in mano la penna, la chitarra ma anche il cazzo e la figa come fossero una mitragliatrice, ci tocca invece il  lambrusco e la retorica di un mondo sepolto e posturale che non smuove la nostra vita (o la nostra morte) neanche di un millimetro.

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Tracklist:

Djevuska incintissima | la gravidanza sicura | la favola del pasticciere | il tramonto della rana pescatrice | la zanzara | la delicatezza dell’inganno | il taccuino del sagrestano | arnaldo pininfarina | la retrocessione del giulianova | cane palustre | amore mio fallimentare [/box]

 

Stefano Bardetti
Stefano Bardetti
Stefano Bardetti, classe 1974, ascolta musica dai tempi appena precedenti al traumatico passaggio da Vinile a CD; non ha mai assimilato il colpo e per questo ne paga le conseguenze.

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