Nel drastico panorama post-futurista in cui campeggia l’enorme, invadente e funesto spauracchio della profezia maya, c’è una chiara ed evidente intenzione speculativa che rischia di maledire anche il mio incensato fatalismo. Del resto non è segreto ormai che agenzie varie stiano allestendo alacremente ed a vario titolo, archivi del patrimonio genetico, culturale e sociale rappresentativi del mondo intero e destinati a resistere persino all’apocalisse. A corroborare questo trend ci aiutano la svedesina, ormai naturalizzata cittadina di Philadelphia e già apprezzata strumentista degli Espers, Helena Espvall, e l’icona nipponica del sodalizio psichedelico dei seminali Ghost, Masaki Batoh. Il loro Overloaded Ark, (seconda release per il duo dopo uno stimolante debutto) sembra, infatti, selezionare all’uopo i suoni da traghettare per il “novo mondo” in un ricco database da preservare per i sopravvissuti.
Ben sostenuto anche dal pianista Kazuo Ogino, dal percussionista Junzo Tateiwa e dal fiatista Haruo Kondo, il calderone minimalista in cui ci si sente catapultati sin dall’introduttiva Little Blue Dragon rilancia il goliardico di una danza medievale spuria su un timido abbraccio folk (come se i Gong avessero suonato all’incoronazione di Elisabetta Tudor), poi rappreso attraverso il drone percussivo ed alienante della title-track che s’inerpica inesorabile su accordi esotici e fiati fachiri. Mirabile l’evocativa Sueño con serpientes del cantautore cubano Silvio Rodriguez. Epica la successiva Pro Peccatis Suae Gentis/nun fanget an spiegata su un’area del compositore fiammingo Roland De Lassus. Suggestiva Over The Luminescence Land; raffinata Tourdion; disarmante nella sua immediatezza Sham no Umi.
Lunghe, lunghissime suite ambient, sensatamente accomunabili ad una ibrida rilettura assolutamente inedita di trame e stornelli che vanno dal cinquecento al futuro e che si alternano a piccole ma preziose ballate antifolk, canti celtici, dolci e raffinate nenie, world music, post prog, fatine, funghetti, muffe, nani, The Pentangle, Fairport Convention.
Che non sia davvero questo il “dopo” che ci aspetta? Non sarebbe poi così male.