Che non fossero catalogabili tra le uscite “convenzionali” lo si poteva intuire dall’identità scelta dagli Honeybird & the birdies (appellativo che potrebbe evocare una formazione dedita al surf o al rock’n’roll, comunque che non superi il 1968): strambi tizi vestiti come personaggi de L’Albero Azzurro che circondano di frutti di bosco il packaging del disco, dal nome mixing berries. La sostanza invece trabocca, in questo disco di 15 tracce, intro e outro comprese, e riesce a collocare nel nostro immaginario, in uno spazio che sta tra il circo, gli artisti di strada e la tv dei ragazzi, la vera essenza del gruppo. Il trio, italiano e losangelino di nascita ma cosmopolita per arte, è composto da Honeybird, voce, chitarre e charango (uno strumento tradizionale delle Ande dal suono simile al mandolino), p-birdie alla voce e percussioni e ginobird al basso. Il mix che ne deriva è un vortice di influenze che per semplicità potremmo catalogare come world music ma che in realtà attinge da molteplici tradizioni: il funk, la bossanova, il pop e molti altri. Emerge un sound peculiare, diversamente acustico, che la mia memoria riesce a ricollegare solo con gli episodi più caustici di Green degli R.E.M. o con quelli bucolici degli Zeppelin del loro terzo album, solo con attitudini funambolesche da prog rock e un basso da 10 e lode. Non è certo loro intento celebrare gli ambienti agresti come i mostri sacri di cui sopra, piuttosto preferiscono dare l’idea di essere un gruppo da strada, itinerante, che non perderebbe l’occasione di piazzarsi a un incrocio e strimpellare per qualche spiccio nel cappello a terra. Ovviamente è una prospettiva che non gli auguro, ma sarebbe molto congeniale. Camaleontici ed eclettici, si muovono con agilità tra lingue, generi musicali e contenuti delle liriche come api di fiore in fiore, riuscendo pure a essere ironici o sarcastici. Ne è la prova don’t trust the butcher, che non tratta di macellai assassini da film horror ma semplici furbacchioni che incartano 6 kg di prosciutto al posto dell’etto richiesto, oppure sexy tour guide, che inserisce il termine carfagna con poca innocenza e molta malignità. Ce n’è per tutti i gusti, venghino signori venghino e attingano pure!