lunedì, Dicembre 23, 2024

I Am Kloot – Sky At Night (Emi, 2010)

Di quello che veniva chiamato New Acoustic Movement quasi nessuno ormai ha memoria, soppiantato da decine di altri generi, sottogeneri, correnti o scene inventati dall’NME o da chissà chi altro. All’inizio del decennio scorso una manciata di band, quasi tutte britanniche, riportava in auge il concetto di canzone chitarra-voce (o poco più), anche se in realtà non era mai sparito; tra queste c’erano gli I Am Kloot, che da subito si contraddistinsero come una tra le più valide, ma con meno hype e meno fortuna (oltre a un secondo disco sfocato e troppo elettrico) rispetto alle altre. Fatto sta che i Turin Brakes, gli Elbow e ancor di più i norvegesi Kings Of Convenience guadagnavano premi, copertine e lo status di band di culto, mentre a John Bramwell e compagni sono spettate minori glorie. E’ appena uscito Sky At Night, il quinto disco per il trio di Manchester, ed è, ancora una volta, un gran bel disco. La band e il songwriting di John hanno avuto modo di crescere con calma in questi dieci anni, portando a risultati sempre più convincenti: dove a inizio carriera c’erano un po’ di confusione e tante idee non sempre espresse al meglio, ora ci sono maturità, un pizzico di mestiere e degli arrangiamenti che a volte sconfinano nel barocco, ma che quasi sempre rimangono equilibrati ed apprezzabili. Tutte le canzoni dell’album riescono così a esprimere sensazioni e sentimenti, sempre legate, più o meno direttamente, al cielo notturno del titolo, andando a prendere spunti da più fonti, a volte inaspettate. Ci troviamo così ad ascoltare un blues-soul alla Joe Cocker come Lately, con cori un po’ esagerati ma alla fine efficaci, una ballata in cui affiora l’Elvis Costello più intimista e jazzato, cioè It’s Just The Night, che è uno dei vertici del disco, gli arrangiamenti ridondanti e marziali di Radiation, che possono ricordare le ultime prove degli Elbow, e quelli da night club fumoso, con tromba in bella vista, di Same Shoes. Oltre a questi ci sono anche brani più in linea con la classica produzione della band, a partire dalla bellissima Northern Skies, probabilmente uno dei migliori pezzi mai scritti da Bramwell, passando per la dolente To The Brink, con degli archi che assieme alla voce di John fanno davvero male, per arrivare alla nuova versione di Proof (già presente sul disco del 2003), resa ancor più efficace che in passato.

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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