Registrato al Golden Hum tra il giugno e il settembre del 2008, il primo Ep di Jess Bryant è uscito durante il 2009 in edizione limitata; quattro tracce che confermano il talento della songwriter Inglese e lasciano ben sperare per il suo debutto full lenght ufficiale che dovrebbe concretizzarsi entro il 2010; a conferma di questo, l’attenzione di alcuni media soprattutto in Inghilterra e la presenza di Jess ad una serie di trasmissioni di un certo rilievo, tra cui il noto progetto Balconytv. Rispetto al materiale che avevamo avuto occasione di ascoltare anche attraverso un Podcast live registrato per Indie-eye.it nel marzo del 2007 e scaricabile attraverso i nostri archivi da questa parte, la musica di Jess Bryant ha subito una flessione ancora più radicale verso una rilettura della tradizione osservata attraverso una lente spettrale e visionaria. Gli elementi sono sempre quelli di un folk che trae linfa vitale da più tradizioni della cultura anglosassone con una propensione molto netta verso la costruzione modale della scrittura; in un certo senso il folktelling di Jess risiede in quella regione di transito tra il racconto popolare e l’astrazione di certa musica contemporanea; Nei nuovi arrangiamenti di Belladonna e Forest la presenza dei drones e dei soundscapes curati da Daniel Lea ricordano alcune produzioni Constellation ma con un risultato molto più nitido; il lavoro che la Bryant fa sulla voce è sorprendente; si sente parlare molto spesso e a sproposito della “voce come strumento” tanto da rimaner delusi dall’abisso che separa la teoria dalla pratica; Jess Bryant ha innegabilmente il dono di saper bilanciare tutte e due le cose con un equilibrio e una raffinatezza non comuni; Piano, Ebow e Zither, sono suonati da Jess stessa con un approccio minimale che è anche attenzione al dettaglio; è un intreccio sonoro che entra in risonanza con una notevole capacità di modulare immagini con la voce. La title track è in questo senso il brano più riuscito dell’intera raccolta; un bozzetto di oscura bellezza che in parte si avvicina all’elaborazione della musica antica fatta da Lynch/Badalamenti insieme a Jocelyn Montgomery. I riferimenti che Jess ama citare vanno da Shara Worden alla scrittura di Tom Yorke; a nostro avviso, al di là di una serie di legittime influenze, ci sembra che le capacità combinatorie della songwriter inglese siano animate da un’originalità molto forte e da una tendenza “gotica” più marcata; un gotico scarno e minimale che in un certo senso tiene alla larga la musica contenuta in Dusk da qualsiasi eccesso e barocchismo di troppo, consegnandoci quattro bozzetti di affascinante rigore.