Per questo disco – dovrebbe essere il terzo – il gruppo milanese guidato dal buon Johnnie Selfish ha fatto le cose in grande: se ne è andato a Nashville, Tennessee, patria indiscussa della roots music made in USA, e si è fatto registrare e produrre l’album da John Wheeler, il fondatore degli Hayseed Dixie, importante band “rockgrass” a stelle e strisce. Insomma, i presupposti per un lavoro importante c’erano tutti. E difatti Kauntri Muzik non delude affatto, anzi ci restituisce un collettivo di musicisti che non si limita ad una rivisitazione filologica della più classica musica tradizionale americana, ma anzi la fa propria reinterpretandola con piglio e personalità. I riferimenti ovviamente sono quelli: Johnny Cash, Hank Williams, Woody Guthrie, il più vicino (temporalmente) Billy Bragg, in 14 tracce che mescolano allegramente country, bluegrass, blues, combat folk, rock’n’roll. Si avverte anche l’eco di un retaggio punk, come nei brani (l’iniziale Uprising, This Machine Kill Fascists, la quale cita appunto il pioniere Guthrie) dove appunto è il combat folk a far muovere passi spediti ai Worried Men. La strumentazione impiegata è quella classica del genere (chitarre acustiche, banjo, ukulele, harmonica) ma fa capolino anche la chitarra elettrica – non solo qui, a dire il vero – nella rilettura del tradizionale Buffalo Skinners, che diventa un brano piuttosto polveroso e dall’andamento marziale e minaccioso. Quando è la vena più melodica ad uscire, i nostri ci regalano due perle come Nothing To Sing About e soprattutto Tender Heart, vertice assoluto del disco, vera poesia Cashiana. C’è spazio anche per due cover (Radioactivity dei Kraftwerk e Letter To The Censors dei Mano Negra, dove c’è un cameo della Motorhediana Ace Of Spades) e per un brano dai sapori gitani che fa incontrare il country con l’Europa dell’Est (Zaporozhe). Insomma, ne abbiamo per tutti i gusti, fatevi sotto bambini.