Una delle peculiarità del percorso artistico di Josephine Foster è la fascinazione per i punti d’incontro tra letteratura e musica. Dopo la perla nera del 2006 A Wolf in Sheep’s Clothing, in cui reinterpretava capolavori letterari e musicali d’epoca romantica di Wolf, Goethe, Eichendorff, Schubert e Brahms, il disco del 2009 Graphic As A Star ha visto la cantante e polistrumentista del Colorado cimentarsi con la poesia di Emily Dickinson, riscoperta e rivitalizzata in solitudine con il solo accompagnamento di chitarra e armonica, nella cornice naturalistica da profondo Sud spagnolo di Mecina Bombarón. Il 2010 vede Josephine al lavoro con la band del compagno Victor Herrero, con il quale già nello scorso tour ha presentato in anteprima, in coda ai suoi concerti, alcuni brani del nuovo Anda Jaleo, registrato dal vivo nella Grenadine Sierra.
Il disco reinterpreta la raccolta di canzoni popolari di Federico Garcia Lorca Las Canciones Populares Españolas, sottoposte a censura durante il periodo della dittatura franchista. La selezione dei pezzi è calzata sulla Colección de Canciones Populares Españolas, incisa nel 1931 con Lorca al pia
noforte e la voce della ballerina e coreografa Encarnación López Júlvez , detta La Argentinita, registrazione riesumata nel 2006 dall’etichetta indipendente spagnola Sonifolk. Anda Jaleo conferma l’orizzonte d’attesa dell’ascoltatore: l’esecuzione impeccabile della band e la strumentazione a base di chitarre acustiche, nacchere, passi di flamenco e hand-clapping, puntano a una resa fedele e appassionata, come i generi tradizionali e gli stili (flamenco, bulerias e cante jondo su tutti) che a quelle canzoni hanno dato vita.
Il piano di Lorca viene sostituito in blocco dalle chitarre, mentre la voce sublime di Josephine, con il suo timbro riconoscibile su un milione, non rischia di scendere in secondo piano neanche in questo recupero “filologico” della tradizione; viene anzi modulata di canzone in canzone in maniera sorprendente. Los Cuatro Muleros e Las Tres Hojas ne sono un ottimo esempio. In Anda Jaleo Victor e Josephine duettano in perfetta sintonia, restituendo il piglio deciso e combattivo dell’originale. Se il disco in sé può essere letto come una via di mezzo tra un tributo e un esperimento stilistico, chi apprezza i lavori folk più minimal di Jospehine (Hazel Eyes, I Will Lead You ad esempio), troverà refrigerio nell’atmosfera sospesa di Los Reyes de la Baraja o nel brano a cappella Nana de Sevilla, che, spogliata del pianoforte dimesso dell’originale, conclude il disco riportando ai vocalizzi soffusi di Graphic As a Star.
Sarebbe comunque un torto all’impresa cercare di percepire l’eco del folk anglosassone cui sono abituate le nostre orecchie: le canzoni di Lorca sono estremamente radicate nel territorio, parlano di vagabondi, orfani, ragazzi morti nella sfida col toro, ma anche momenti di festa collettiva come in Sevillanas del Siglo XVIII. La sua attenzione alla testimonianza diretta lo rende forse il primo etnomusicologo del paese; suo primo obiettivo era far rivivere le atmosfere gitane e popolari, senza mistificarle o ingabbiarle nell’ansia per la notazione musicale, ma mediante armonizzazioni semplici, capaci di cogliere la purezza delle melodie. Anda Jaleo non può certo mettersi a confronto con tutto questo, né di certo competere con le rappresentazioni di flamenco tradizionali andaluse. Si riconosce comunque a Josephine e alla band di Victor la dedizione per la ricerca musicale e la partecipazione affezionata della loro esecuzione. Restiamo in attesa della prossima esplorazione.