venerdì, Novembre 8, 2024

Maria Antonietta – Maria Antonietta (Picicca Dischi, 2012)

E’ probabile che dell’agiografia a Maria Antonietta interessi il lato estatico, quello che nella relazione irrisolta tra carne e spirito si trasforma in testimonianza dolorosa difficilmente contenibile entro i parametri letterari della diffusione cattolica tradizionale, penso ai passi più crudeli e ingiuriosi del “Libro dell’esperienza” di Angela Da Foligno, dove il desiderio di morire si unisce, nel racconto della mistica, ad una percezione vitale del corpo, con le giunture che si “scompaginano” e l’assenza di ogni afflizione al pensiero che un cane possa sbranarla; oppure a Teresa di Lisieux immaginata da Alain Cavalier nell’atto di nutrirsi del proprio corpo, mentre beve il catarro prodotto dalla tubercolosi. Sante così vicine a quella purezza sul confine del baratro che confonde abiezione e riappropriazione potente del corpo, Sante non canonizzate come Sylvia Plath, a cui Letizia Cesarini, quando ancora si faceva chiamare Marie Antoniette, ha dedicato un brano della sua prima raccolta di canzoni,  che con urgenza sghemba e irregolare restituiva quel senso allucinatorio e febbrile presente nella scrittura più matura della poetessa Americana, a metà tra visione ossessiva extrasensibile ed una resurrezione rovesciata, dentro le cose minime del diario intimo. Dopo un racconto confidenziale,  aderente ad uno spazio di quattro pareti, Letizia lascia almeno in parte la scrittura diretta e riflessiva di Marie Antoinette wants to suck your young blood,  affronta la lingua Italiana con la stessa forza gutturale e si affida alla produzione di Dario Brunori con il quale concepisce una forma più potente per il suo storytelling; rimane quella fascinazione per la scrittura popolare,  declinata liberamente dal canto di lotta ad una rilettura deformata della canzone Italiana degli anni ’60 fino all’esplosione punk, che per l’autrice Pesarese si manifesta con la violenza della possessione. In questo senso Maria Antonietta è un album spaccato da una contraddizione viva ed emozionante; una prima parte di sorprendente solidità, descritta con i colori di un pop lomografico, vicino per certi versi all’era Rough Trade e ai dolori del giovane Morrissey, catturato così bene dal bel video di Quanto eri bello realizzato da Giacomo Triglia, quasi un piccolo omaggio alla British Renaissance del cinema anni ’80, sospesa tra superfici cromatiche accecanti e decomposizione. Da Maria Maddalena in poi Letizia si serve nuovamente dell’inchiostro, abbandona i colori e rivela l’aspetto più brutale della sua scrittura, brutale perchè non cadendo mai nella trappola del racconto generazionale, descrive se stessa dentro “quella” generazione attraverso il diritto ad esprimere una follia personalissima e senza mediazioni, come quella di Santa Caterina da Siena. L’incedere penitenziale di Stasera ho da fare diventa una dolorosa confessione sui propri limiti, Tu sei la verità non io ha la forza di un’imprecazione che si sbarazza della salmodia Ferrettiana per  vomitare un grido ambiguo tra preghiera e bestemmia e del resto un brano come Stanca, piccolo saggio sulle capacità destabilizzanti della voce di Maria Antonietta, è semplicemente espressione allo stato puro, senza masturbazioni postmoderne, è un urlo di 29 secondi. Si torna allora a questa relazione intima e diaristica con le Passioni delle Sante, un gioco serissimo che per quanto ci riguarda, Letizia Cesarini conduce con un’originalità rara e personale e una modulazione della Lingua che s’inventa un piccolo, irresistibile soul che nasce dal ventre e si blocca in gola; se la scrittura di un ascolto è semplicemente un percorso soggettivo a ritroso, possiamo dirlo che Maria Antonietta, alla fine del viaggio, ci piace davvero molto.

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Quanto eri bello, il video [/box]

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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