Per chi questa estate non si è allontanato dai lidi italiani, preferendo le sferzate dei venti del Sud rispetto al fresco delle alture del Nord, i Qbeta potrebbero riportarvi quella nostalgia canaglia tipica delle ferie o prolungare il senso di rilassatezza anche nel periodo lavorativo. Cubeta Giuseppe è cittadino siciliano che da anni (l’anno prossimo sono venti) vaga in lungo ed in largo con la sua band di nove elementi a portare il sapore di sale, la spensieratezza della vita di mare, le grasse risate davanti al logorio della vita moderna. Che suoni affiancato alla tromba di Roy Paci o alla voce di Mario Venuti (alla quale Cubeta pure assomiglia, tolto l’accento siculo), sia a cantare d’amore che a maledire cellulari e computer, traspira sempre un sentimento di vita che aiuta a far passare i patemi. E penso che anche i meno avvezzi alle ondate meridionaliste, pronti a lanciare anatemi sulle varie tarante, rimarranno colpiti da questo vento meticcio al punto giusto. Le uniche concessioni alla tradizione sono cantate in siciliano, M’arrifriscu e m’arricriu e A curuna, per il resto ogni canzone cerca di formare un melting pot che coinvolga lo ska (con spruzzi arabici, che già sapevamo dai Madness) dei Reel Big Fish, strutture popolari e pop (si veda Faccio Festa, che poteva essere benissimo degli Aretuska), caraibici movimenti e suggestioni etniche di ogni sorta (no Manu Chao, comunque). Questo il prezzo da scontare per un’apertura verso un pubblico più grande: un prezzo valido dato che il disco si fa sentire più e più volte, piacevole, fresco e saporoso.