«The Christmas tree is our bitch». Tratta da uno dei saggi inclusi in questo nuovo box Silver & Gold, questa frase da una parte ben sintetizza il risentimento di Sufjan per lo svuotamento e la mercificazione del Natale, dall’altra sembra alludere alla plasmabilità dello spirito natalizio, alla possibilità di rileggere coscienziosamente la festività e appuntarne le contraddizioni con strumenti sempre nuovi. Sufjan Stevens torna con 5 dischi (59 pezzi per 3 ore di musica) e come per lo scorso Songs for Christmas (Asthmatic Kitty, 2006) l’idea è di rivivere lo spirito del Natale in diacronia, con brani (per lo più tradizionali) registrati originariamente per amici e famiglia tra il 2006 e il 2010 e qualche chicca più recente. L’idea si conferma tanto ambiziosa (pretenziosa?) quanto brillante: destituendo l’intrinseca atemporalità che siamo soliti associare ai canti di Natale sfugge facili inquadrature e si offre a imprevedibili contaminazioni. Ironia e delizia. Sufjan come sempre studia ogni forma e confeziona un pacchetto sovrabbondante, in cui a fianco di musica e contenuti (parole dello stesso Stevens e del pastore-Welcome Wagon Vito Aiuto) troviamo tatuaggi temporanei, poster, adesivi e una decorazione fai-da-te a forma di stella che nessuno di voi si sentirà a suo agio a montare per paura di rovinare l’artwork. Del Natale Sufjan non vuole farci perdere alcuna sfumatura, per questo è pronto ad ammettere che sia talvolta una vera e propria seccatura (“Christmas is a drag”), un momento di stasi in cui sentiamo di dover fingere un’altrettanto statica contentezza. Il kitsch, la parodia, sembra suggerirci a volte questo disco, ci vengono incontro. Così, dopo il primo, più canonico disco Gloria, in cui dominano armonia e un folk morigerato, le 23 pillole di I Am Santa’s Helper raccontano una festività più bizzarra e discontinua, in cui Jingle Bells e We Wish You A Merry Christmas sono intonate con scazzo e intermezzi di solo piano si alternano a esecuzioni sgangherate più vicine alla baldoria. Il terzo disco Christmas Infinity Voyage, comparso online nel 2008 e qui rimesso a lucido, complica il progetto rileggendo i buoni sentimenti delle feste in chiave cyborg. Chi ha amato The Age of Adz apprezzerà i nove minuti della scalpitante/straniante Do You Hear What I Hear?, i beats soffocanti di Good King Wenceslas e la fulminea cover di Alphabet St. (Prince). Joy To The World si qualifica tra i pezzi più sovraccarichi della collezione e chiede in prestito un verso all’highlight di Adz Impossible Soul (“Boy, we can do much more together!”). Se volete invece liberarvi dai parenti, sparecchiate la tavola e sottoponeteli alle impennate elettriche dell’interminabile The Child With The Star On His Head. L’alternarsi di ballate soffuse (giunti al 40esimo pezzo è refrigerante sentire i vocals di Cat Martino in The Sleigh in The Moon e Ave Maria) ed elettronica prosegue nei due volumi successivi, Let It Snow e Christmas Unicorn. La tirata conclusiva della title track ci congeda con un elaborato simbolismo polemico, in cui “l’unicorno del Natale” viene definito “histerically American”, con le sue carte di credito a portata di mano e i pagani addobbi a mo’ di uniforme. Siamo tutti un po’ unicorni del Natale, ci dice Sufjan, e come gli piace fare da un po’ di tempo a questa parte, ce lo ripete all’infinito, trasformando un “It’s al right, I love you!” in nientemeno che… Love Will Tear As Apart. A giudicare dalla dedizione e geniale verbosità di questa seconda raccolta è facile aspettarsi nuovi pensierini negli anni a venire. A tra un lustro, Sufjan e che l’animo kitsch non ti abbandoni.
[box title=”Sufjan Stevens – Silver & Gold (Asthmatic Kitty, 2012)” color=”#5C0820″]
Il video di Silver & Gold su vimeo [/box]