martedì, Novembre 5, 2024

The Decemberists – The King is Dead (Capitol 2011)

Uno dei dischi più attesi di questo inizio d’anno. Non soltanto per il contenuto musicale in sé, la cui bellezza è difficilmente opinabile. Piuttosto, per una serie di motivi che hanno creato attorno ai Decemberists diverse aspettative. Le collaborazioni illustri sono uno di questi elementi di richiamo: da Peter Buck dei REM, il quale ha partecipato attivamente alla produzione del disco, suonando le chitarre, a Gillian Welch; sino ad arrivare a Carson Ellis – moglie del frontman Colin Meloy – alla quale è affidato, come al solito, l’artwork del progetto. Artwork che in questo particolare caso assume un valore specifico se si pensa che i Decemberists hanno voluto testimoniare la nascita dell’album con una raccolta di foto (ben 250 polaroid) e illustrazioni, a cura di Autumn de Wilde e della già citata Carson Ellis. Parlando di musica, invece, ciò che subito salta all’occhio – e in particolare all’orecchio – è il cambio di rotta rispetto al precedente The Hazards of Love; siamo quasi agli antipodi di uno stesso mondo: quello della musica popolare. Dall’alt-folk dei dischi precedenti ad un suono più americano, almeno nelle intenzioni. In effetti, il disco risponde con precisione a determinati stereotipi musicali della musica appalachiana, del country e del bluegrass. Gillian Welch, ad esempio, con i suoi backing vocals apporta un certificato (vocale) di garanzia, quel contrassegno di folk americano attestato, che da Portland (città dei Decemberists e mecca della musica indie) ci conduce a Nashville, patria del country. La Welch conferisce credibilità, è chiaro, ma la trama del disco è un’altra. Un tripudio di quasi atmosfere campestri dove i dejà-vu non sono altro che topos della letteratura musicale folk americana, lezioni musicali assimilate dai Decemberists con precisione e poi riproposte in chiave del tutto personale. Come stupire con la tradizione. L’armonica dylaniana nell’ouverture di Don’t Carry It All e nel primo singolo Down By The Water, gli echi della miglior canzone marinaresca in Rox In The Box, ci ricordano che il re (l’archetipo della musica folk, per dirla in termini filologici) è morto per poter risorgere in nuove spoglie. Cosa c’è di nuovo? Peter Buck dei REM è sicuramente il valore aggiunto di questo disco, e si sente. Down By The Water, il primo singolo scaricabile gratuitamente su iTunes sembra un out-take da Reveal, sebbene la metrica à la Michael Stipe sia tanto evidente quanto giustificabile, soprattutto in Calamity Song, uno degli episodi più riusciti di The King is Dead. Un disco classico nei modi, nei suoni e nei testi. D’altronde è difficile al giorno d’oggi creare prodotti di qualità senza necessariamente dover impressionare il pubblico. I Decemberists ci sono riusciti perfettamente.

Sebastiano Piras
Sebastiano Piras
Sebastiano nasce in Germania e sin da piccolo mostra uno sfrenato interesse nei confronti della musica, dal pop soul dei Commodores alla singolarità del Duca Bianco.

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