Terzo lavoro per la band anglo-francese che dopo i precedenti album, Pictures (2009) e Life (2010), esce con One Frame Per Second.
Attivi dal 2008 e nati dall’incontro fra Andy Richards e Renaud Forestie, la band arricchisce la propria line up con l’aggiunta di un nuovo membro alle percussioni: Oliver Piotte.
Caratteristica degli Uniform Motion è la stretta unione che lega l’ascolto della musica all’aspetto più visivo e scenico. E ciò si deve principalmente a Renaud Forestie, un graphic designer che durante le perfomances live improvvisa liberamente sui temi suonati da Andy Richards. Ne risulta una perfetta sinergia fra musica e vista, una sinestesia continua che s’avvale di quanti più canali comunicativi contemporaneamente. In questo, gli Uniform Motion hanno sicuramente il merito di andare oltre la canonica fruizione live e dare spessore e unicità ad ogni performance. L’unione di musica e disegno risulta inoltre particolarmente efficace per le melodie del disco. Difatti l’album è un racconto fiabesco delle peripezie compiute dal minuscolo cavaliere rappresentato nell’artwork, pronto a sfidare mostri e camminare per terre selvagge per salvare la sua Principessa. Un tema che potrebbe sembrare banale se non già abusato, eppure il tutto si svolge con tanta leggerezza e leggiadria da risultare veramente gradevole.
Con The Victory Of Buckets And Doors si apre l’avventura del cavaliere blu. Melodie ridotte ai minimi termini, le tracce sono condotte dalla chitarra acustica, batteria morigerata e una melodica. Le tracce sono piuttosto uniformi tant’è che i nove brani più che essere veri e propri pezzi, sembrano gli atti di una situazione più ampia. Da segnalare There Is No Way There Is No Way, un arpeggio morbido in apertura rinvigorito da assestati colpi alla cassa per sostenere una trasognata dichiarazione d’amore. Si passa poi a Fools, Don’t Listen To A Word I Say che richiama a certe produzioni di Nick Drake, sebbene molto meno sommessa e cupa.
One Frame Per Second è un disco inaspettato, intenso e pieno di corpo nonostante la minima impalcatura sonora e la scorrevolezza generale. Un folk decisamente poco pomposo che recupera l’essenza della tradizione del racconto musicato. Un lavoro altamente consigliato.