Nuova tappa per Valentina Gravili, l’artista di Brindisi che con Arriviamo Tardi Ovunque, rompe il silenzio che aveva riempito i due anni dalla pubblicazione di La Balena nel Tamigi.
Un album che traduce in suono e in melodia la calura mediterranea, ritmato e denso di prestiti alla tradizione musicale della penisola con richiami resi quanto mai vividi dall’uso di tamburi e strumenti a fiato. Un folk che si lascia volentieri contaminare dalla musica popolare della tradizione italiana e dalla world music. Ottima l’apertura con Il Finimondo, una tammuriata energetica sopra cui si allunga come un’ombra la voce di Valentina Gravili. Lei, e il suo timbro così pulito, naturale in tutta l’estensione lontano, fortunatamente, da tutta quella schiera di voci femminili che si fregiano di un prestampato accademismo. Tutt’altro, la voce della Gravili è salda e linda, piacevole anche quando lascia trasparire chiari segnali fonetici della propria terra. A seguire Arriviamo tardi ovunque e il suo incedere dai prestiti blues, quasi anacronistico se lo si confronta con la quotidianità degli oggetti citati, fra i quali spicca tra tutti l’interminabile, per ampiezza e costruzione, Salerno – Reggio Calabria. Si prosegue con Pare che fuori pioverà, pezzo dal testo ipnotico, dove la ripetizione della strofa è veramente un’arma efficace per rendere la banalità di certi comunicati stampa, di certe prese d’atto e parafrasi dell’ovvio. Frasi didascaliche che potrebbero strozzare le belle e buone intenzioni di ammaliare il mondo, così come sono descritte nel testo. L’album prosegue fino a giungere alla Saggezza è roba per giovani, brano che può vantare stupendi ripescaggi al prog italiano, molto affine ai PFM di Impressioni di Settembre, e dove risulta chiaro che l’accostamento che più si confà alla Gravili, non è tanto alla Nada Malanima, cui spesso è stata paragonata, quanto all’espressività di Angela Baraldi. Le è propria la stessa femminile carnalità e il carisma poetico quasi meriniano. A chiudere la sequenza dei nove pezzi è Domenica Mattina in cui si riflette chiara la regia di Max Baldassarre, specialmente per la ricerca degli arrangiamenti e l’architettura della struttura generale.
Arriviamo tardi ovunque è un disco accattivante, più strutturato rispetto al precedente lavoro e, tuttavia, meno irrigidito dalla definizione del genere. Terzo atto che arriva in tempo.