Post-punk. Come dice la parola stessa, ciò che segue al punk.
Nello stagnante panorama musicale di metà anni ’70 Il punk fu una sorta di terremoto, un azzeramento del tachimetro, un’operazione necessaria a fare tabula rasa delle convenzioni precedenti. Eppure, nonostante la validità dei suoi presupposti concettuali, non si dimostrò altrettanto innovativo sul piano prettamente musicale. Il mero recupero degli aspetti più sanguigni ed essenziali del rock non sembrò tener fede alle promesse di radicale rinnovamento espresse in origine dal movimento. Quando arrivò il momento di ricostruire sulle ingombranti macerie del passato le giovani generazioni furono costrette a guardare altrove, scoprendo che gli spunti musicali più interessanti provenivano da scene che con il rock non avevano niente a che vedere. Ad esempio, l’intero spettro della cosiddetta musica nera, dal funk al reggae fino alla vituperata discomusic (disco sucks! Era uno slogan tipicamente punk) fornì il canovaccio sonoro per moltissime produzioni post-punk, dando vita ad un sottogenere che sarebbe diventato il prototipo della nuova dance anni 80.
Proprio questo è il soggetto trattato in una recente raccolta dalla Strut Records, Disco Not Disco (Post Punk, Electro & Leftfield Disco Classics 1974-1986). A venir prese in considerazioni sono principalmente la mutant disco newyorkese – propagandata da etichette come ZE e 99 Records – e il punk-funk di matrice britannica, ma non mancano incursioni nell’allora giovanissimo settore dell’elettronica.
Apre la compilation il singolo Launderette, della giornalista inglese Vivien Goldman, dubbeggiante frutto degli sforzi di un supergruppo comprendente Keith Levene dei PIL, Vicky Aspinall delle Raincoats e il mago della consolle Adrian Sherwood. Le agguerrite femministe di Leeds Delta 5 sono rappresentate dalla scarna, alienante e robotica Mind Your Own Business. Sempre da Leeds arrivano gli Shriekback di Dave Allen, ex bassista dei seminali Gang of Four. Con una proposta sonora accattivante ma di gran lunga più morbida di quella delle loro concittadine, prefigurano in maniera impressionante quanto fatto dai !!! in anni recenti. I Maximum Joy, da Bristol, nascono invece da una costola del Pop Group e suonano un incrocio fra dub e funk, caratterizzato da una spettrale voce femminile. Alla scena newyorkese si rifanno tanto la disco punk di James White and the Blacks – side project “commerciale” del leader dei Contortions James Chance – quanto le contaminazioni fra disco e dub tipiche di Konk, Material e Kazino. I giapponesi Yellow Magic Orchestra – precoce incarnazione del genio di Ryuichi Sakamoto – incrociano synth pop alla kraftwerk con sonorità tipicamente orientali, mentre i Liasons Dangereuses propongono un teso techno-punk, per molti versi simile a quello di formazioni europee come i DAF.
In contemporanea a Disco not Disco la Strut immette sul mercato anche Funky Nassau (the Compass Point Story 1980-1986), una raccolta che affronta gli stessi temi della precedente, seppure in maniera maggiormente circostanziale. Si concentra in effetti su una serie di successi registrati al celebre Compass Point Studio delle Bahamas, la sala di incisione gestita dal veterano della Island Chris Blackwell. Considerato che ci troviamo nei carabi e che la Island è un’etichetta che si occupa prevalentemente di Reggae, è comprensibile come le vibrazioni provenienti dalla Giamaica influenzino in maniera più consistente i brani di questa seconda compilation. Eppure, numerosi sono i legami con la scena newyorkese. Accanto a pezzi tipicamente dub quali River Niger di Sly Dumbar, troviamo anche composizioni che tendono maggiormente ai ritmi sintetici come My Jamaican Guy dell’androgina Grace Jones. Ideale punto di connessione fra i due mondi, la Jones – espatriata giamaicana trapiantata a New York – sarebbe diventata ben presto un’icona della cultura gay-disco. Sorta di incrocio fra dub ed elettronica tipicamente anni 80 è anche You rented a space di Cristina, stellina mutant disco dell’etichetta ZE. Altri punti forti della raccolta sono Born Under Punches dei Talking Heads, estratta dall’album capolavoro Remain in Light, e il mega successo commerciale Genius Of Love dei Tom Tom Club, progetto parallelo di Tina Weimouth e Chris Frantz, entrambi provenienti dagli stessi Talking Heads.
Da ballare e riballare.