“Ecco una canzone che parla del sole…” recitano i primi versi di “Health and Efficiency”, maxi-singolo del 1980 che anticipa le evoluzioni sonore di “Deceit”. Secondo le parole degli stessi autori, una presa di posizione contro le pose decadenti tipiche del punk. Ma non solo: celebrando l’energia e il movimento fisico i This Heat rendevano omaggio al tanto amato manifesto futurista, ribadendo la loro affinità con ogni forma d’arte in opposizione.
La musica è una sorta di gioioso raga, caratterizzato da una melodia ariosa come mai prima. Sembra di ascoltare i Neu! in giornata buona: Williams grattugia accordi metallici, Bullen fornisce i contrappunti melodici, Heyward percuote le pelli come se non ci fosse un domani, mentre le voci intonano una sinfonia mantrica …questo almeno per i primi due minuti e mezzo (!), poi il gruppo si assesta su di uno stridente ostinato fra controtempi, campionamenti di bottiglie rotte e voci riverberate. Il lato B, Graphic/Varispeed, è una suite ambientale minimalista in linea con le sperimentazioni di Brian Eno. Come si evince dal titolo è suonabile a qualunque velocità (questa versione è a 45 giri).
Con “Deceit”, pubblicato nel 1981 dall’autorevole indipendente Rough Trade, i This Heat compiono un ulteriore passo avanti nella definizione di un proprio approccio alla forma canzone. Per quanto la componente avantgarde rimanga prepotentemente in primo piano, gli undici episodi che compongono l’opera sono frutto di un orientamento verso soluzioni più musicali. La vena politica del gruppo, mai realmente sopita, raggiunge qui un’intensità poetica pari solo a quella del Pop Group. Riflettendo le inquietudini collettive dovute al riaprirsi della guerra fredda e le tensioni sociali seguite all’ascesa di Tatcher e Regan, l’album dipinge un quadro spaventoso e desolante della realtà contemporanea.
L’incipit Sleep individua nel benessere e nel consumo il mezzo per sprofondare le menti nell’apatia (“…le offerte dei grandi magazzini sono un assaggio di paradiso…una vita di agi, una vita racchiusa in una routine alimentare…siamo ora immersi in un sonno profondo”). Sostenuto in gran parte dalle percussioni e dagli splendidi intrecci vocali, questo moderno canto Masai è tra gli episodi più emozionanti nella produzione dal terzetto.
Con le contorte figure ritmiche e i cambi di tempo di Paper Hats torniamo in territori più affini ai King Crimson, mentre S.P.Q.R. prosegue sui binari sonori tracciati da “Health & Efficiency”: la cassa a scandire i quarti, una chitarra lancinante e un organo celestiale fanno da sfondo ad una interpretazione vocale d’intensità Wagneriana.
Cenotaph mette in guardia contro l’ipocrisia dei capi di stato occidentali (“…una guerra per porre fine a tutte le guerre e quella che verrà dopo per tenere alta la bandiera della libertà”), tra lugubri linee di basso e riverberi Dub.
La cadenzata Makeshift Swahili è un’aggressione sonora d’incredibile intensità, a venire in mente sono ancora una volta i King Crimson di “Red”. Heyward, che qui ruggisce come una bestia assetata di sangue, sembra individuare persino nel linguaggio uno strumento di oppressione.
Indipendence è al contrario caratterizzata da atmosfere pacate e sonorità quasi Morriconiane. Il richiamo alla frontiera americana si contrappone ironicamente agli ideali di libertà e uguaglianza menzionati nel testo – una recitazione della “Dichiarazione d’Indipendenza” – ed è funzionale nel denunciarne il fallimento.
L’inquietante filastrocca che apre A New Kind Of Water fa scorrere i brividi lungo la schiena ed introduce il pezzo più disperatamente rassegnato dell’intero album. Sorta di avant-folk dell’era post-atomica, descrive un pianeta stremato dal selvaggio sfruttamento delle risorse naturali.
Quando nel 1993 viene pubblicato “Repeat”, l’avventura This Heat si è già conclusa da tempo (il gruppo si era sciolto nel 1982). La title-track è una versione alternativa di 24 track loop della durata di ben 20 minuti, mentre Graphic/Varispeed viene questa volta mandata a 33 giri. L’inedito del 1980 Metal, una sinfonia per scarti metallici percossi, prefigura l’Industrial degli Einsturzende Neubauten.
Oltre agli album ufficiali il cofanetto raccoglie alcune testimonianze del devastante impatto che i This Heat avevano dal vivo. I due “live in studio” presso la BBC – rispettivamente dell’Aprile e Novembre 1977 – nell’ambito delle prestigiose “Peel Sessions” sono imprescindibili. La qualità sonora è eccellente ed oltre ad energiche versioni di Horizontal Hold, Not Waving, The Fall Of Saigon e Makeshift Swahili si trovano ottimi inediti come la Kingcrimsoniana Rimp Romp Ramp. Il resoconto dei concerti europei del 1980/81 è invece penalizzato da una qualità audio non proprio eccezionale, ma offre comunque qualche episodio significativo.
Out of Cold Storage è in definitiva un cofanetto sontuoso e ben curato, completo di booklet a colori. Nel corso di una lunga intervista rilasciata a Chris Cutler nel 2006, Heyward e Bullen – Williams è scomparso nel 2001 – rievocano le origini del progetto e compiono un’analisi dettagliata delle premesse dietro ogni singolo brano, fornendo una serie di interessanti aneddoti musicali. Il prodotto non può propriamente definirsi economico ma per chi ama la musica “di confine”, in particolare per quanti non sanno ancora di chi stiamo parlando, l’acquisto è caldamente consigliato. Se aveste difficoltà a trovarlo, il benemerito play.com lo vende a 71,49 € da questa parte, comprensivo di spese di spedizione per tutta Europa.