Inutile stare a girarci tanto intorno: Neon Golden, disco dei Notwist del 2002, è stato un crocevia fondamentale per la musica indie, lavoro che è entrato in quasi tutte le playlist dei dischi del decennio appena trascorso. Facile capire perché: al pari di pochi altri (Radiohead, la meteora Postal Service) il gruppo tedesco proponeva con quel lavoro un riuscitissimo connubio tra malinconie indie e sonorità elettroniche, creando quell’ibrido che da quel momento in poi sarebbe stato definito “indietronics”. Ci volle parecchio tempo ed altrettanta fatica per dare un seguito a quel capolavoro, e come spesso succede, l’album successivo (il pur buono The Devil, You + Me) non fu all’altezza delle aspettative. 13&God è un progetto parallelo dei Notwist insieme al gruppo hip hop dei Themselves, giunto al secondo episodio dopo l’esordio omonimo del 2005. La musica prodotta da questa sorta di supergruppo è proprio quella che vi state immaginando: l’indietronica tenue, a tratti acustica e lievemente psichedelica dei tedeschi miscelata con l’hip hop dalle tinte scure (in alcuni momenti sconfinante in un trip hop più dinamico) dei secondi. Il risultato è altalenante: quando la ciambella non viene col buco (soprattutto nella parte centrale del lavoro, quella dagli accenti più sperimentali) e quindi il mix tra le due anime del gruppo non è perfettamente amalgamato, ciò che ne esce risulta essere confuso e dai contorni non ben definiti: quando però la magia riesce, come nell’iniziale It’s Own Sun, o nella squisitamente electro pop Oldage (forse l’episodio migliore del disco), si capisce chiaramente che 13&God è qualcosa di più che un semplice divertissement, ed ha tutto il diritto (e la dignità artistica) di guadagnarsi un piccolo posto al sole nello spietato mondo del music biz.