Sono passati tre anni dall’uscita di “Technicolor Dreams”, il precedente disco degli …A Toys Orchestra, giustamente acclamato ovunque come capolavoro ed esempio di come ancora oggi si possa fare un grande disco di pop, direttamente discendente dai codici beatlesiani. Oggi arriva “Midnight Talks” e la magia non si interrompe. Rispetto alla prova del 2007 le basi di partenza non sono cambiate, naturalmente: la capacità di scrivere canzoni memorabili nel solco della miglior tradizione pop indipendente è rimasta infatti la stessa. Qualche piccola differenza c’è, ed è un bene. Nei mesi precedenti all’uscita si parlava del “disco più rock” della band di Salerno; si può dire che sia effettivamente così, perché in più di un brano sono presenti citazioni e rimandi al rock anni ’70, specialmente ai Pink Floyd e alla loro visione melodica del prog e della psichedelia, ma anche ad altri nomi, dal primo Elton John (all’altezza di “Goodbye Yellow Brick Road”) ai Queen fino anche, perché no, ai Led Zeppelin.
La densità di qualità dei 14 brani è veramente impressionante: non c’è un solo passaggio a vuoto, ogni singolo istante è dimostrazione di una capacità di trattare la materia pop e la forma canzone che non solo nel nostro paese ha pochi eguali, ma che può rivaleggiare senza alcun complesso di inferiorità con i pesi massimi del genere a livello mondiale.
Già il primo brano, “Sunny Days”, è un distillato di pura classe, con le voci di Enzo Moretto e di Ilaria D’Angelis che duettano accompagnate da eteree note di pianoforte. Da questo momento si entra nella stanza dei tesori, nella quale è difficile scegliere quale sia il più prezioso. Forse “Red Alert”, una perfetta scorribanda estiva ravvivata di volta in volta dal piano o dai fiati; oppure “The Day Of The Bluff”, ballata a cui è impossibile trovare un difetto, né nei primi tre minuti semi-acustici, né nel finale orchestrale; o ancora “Celentano”, che cita “Yuppi Du” assieme a “Mrs. Macabrette” su un tappeto garbatamente psichedelico. La lista dei candidati continua poi con “Pills On My Bill”, che può essere considerata l’erede di “Powder In The Words”, con il piano e la voce di Moretto a ricamare momenti emozionanti prima di un climax e di un ritornello alla Lennon-McCartney; con “Backbone Blues”, che è quasi una versione psych-pop degli Zeppelin, con tanto di assolo di chitarra alla Page, seppur infilato tra fiati e orchestrazioni varie; con “The Golden Calf”, che riesce a colpire pur avendo gli arrangiamenti meno elaborati del disco; o con la conclusiva “Somebody Else”, che è un po’ la summa della concezione musicale dei campani, con la sua drammaticità crescente ma equilibrata.
Gli …A Toys Orchestra sono riusciti nell’impresa di scrivere il loro secondo capolavoro. Ora possono conquistare il mondo. Noi ci siamo già arresi.