Pronto per essere licenziato dalla “intima” Miacameretta Records in una edizione deluxe di 50 anacronistiche C30, From The memory of my hard disk potrebbe essere considerato come una sorta di “making of” scarnificato e ridotto all’osso dell’immanente propensione low-fi di Above The Tree, già del resto, evidente ed apprezzatissima nel recentissimo Wild (qui recensito su Indie Eye).
Brodo primordiale del talento marchigiano, questa release giunge a noi come un pentolone di refusi, superstiti di una cernita selvaggia e perentoria, che corroborano un universo sonoro deviato, rumoroso, cagionevolmente costruito su esaltazioni oblique di marcio punk blues, sebbene mai coscientemente liberate a qualsivoglia logica di genere. Psicotico nel crooner malaticcio di Pappagallo rosso ed I love you, più solare nelle chincaglierie che si rincorrono maldestre in To the loft e Le signorine che nuotano o geniale come nei glitch del gioco tributo al Celentano intonso degli esordi (Azzurro) o dell’inno 8bit di Final One, l’ambiente ricreato da ATT lascia spazio alle più perverse elucubrazioni Grinderman, come potrebbero apparire se farcite dall’estro freak di Avey Tare, dall’insania John Spencer e dai droni scuri dei Seefeel.
Si ascoltino anche Rappy, Boxer e la folle filastrocca folk Dogy-2, insieme croste di una superficie scabra che quasi irrita per la disinvoltura con cui l’artista riesce a dar forma ad un istinto musicale imprevedibile, stimolante e coraggiosamente scevro dei fischi del loggione. Un uno/due furbo ed audace che traccia, insomma, un quadro completo, a tutto tondo, di un genio da conservare con cura.