Deboli note di piano schiudono le porte di un ricordo sbiadito. A soffiare via la polvere dai mobili ci pensa una frase : “Arrivederci primo amore mio, chi si violenta gode”. Bene, inizia così I MORALISTI , ultima fatica degli Amor Fou di Alessandro Raina e soci (NDR: recentemente foto-intervistati da Fabio Pozzi e Alice DeMontis da questa parte) che, ormai emancipati dal ruolo di illustri esordienti, a tre anni di distanza dal primo “La stagione del cannibale” (NDR: di cui avevamo parlato attraverso un’ intervista rilasciata da Raina a Gigi Mutarelli) hanno saputo guadagnarsi lo status di realtà consolidata del panorama underground italiano pronta ad aprirsi verso nuovi orizzonti (a conferma di ciò, il recente legame con Emi Music). In questo nuovo capitolo il ruolo centrale delle liriche, che si dicono mosse dall’intento di “indagare il tema della morale nella società italiana contemporanea”, abbraccia una forma di raffinato cantautorato pop a metà strada tra Paolo Benvegnù e Baustelle, intrisa di nostalgica malinconia come di un intima indignazione. Purtroppo un eccessivo accanimento nell’esaltazione delle linee melodiche finisce per indebolire la trama di queste 13 tracce e a lungo andare crea un senso di distacco sia dal flusso narrativo della strabordante penna di Raina, che da quello sonoro appesantito dall’onnipresenza delle tastiere e da arrangiamenti non sempre azzeccati. L’insieme finisce per somigliare ad un magma che si raffredda immediatamente a contatto con l’orecchio; un magma di parole che osano quel tanto che basta perché non le si possa dire “leggere”, un magma instabile di sovrastrutture che mira in profondità ma troppo spesso dimentica la sintesi, all’interno del quale è possibile individuare spunti interessanti ed episodi riusciti come la disarmante ballata “Filemone e Bauci” o lo struggente finale strumentale de “I moralisti” ma che nonostante i nobili e coraggiosi intenti, si fa ad ogni ascolto sempre più debole e opaco.