Gli Annuals sono una indie-pop band del North Carolina, una band particolarmente giovane che nasce come side-project dei Sunfold ed è caratterizzata specialmente dal gusto eterogeneo e dall’attitudine al cambiamento. Niente descrive la varietà di influenze della band di Adam Baker meglio del composito gruppo di musicisti a cui sono stati accostati, si va dai Beatles ai Broken Social scene, a questi ultimi soprattutto, li avvicina la folta schiera di musicisti che anima al progetto (in questo caso 6) e il gusto dinamico per il cambiamento e la contaminazione. Tuttavia, il suono degli Annuals è schiettamente pop, caratterizzato da ritmiche molto presenti (tre elementi della band si cimentano con le percussioni) e da un altalenare fra romanticismo e ironia. Considerando la strutturale varietà della produzione degli Annuals, sarà chiaro perchè Count the rings è un album così mosso, a modo suo incoerente, si tratta di un prodotto studiato appositamente per far conoscere gli Annuals in Europa, una raccolta che mette assieme alcuni dei miglior brani dei nord americani dal 2006 al 2010, canzoni selezionate fra album originali, EP e b-sides. Ci sono canzoni dominate dalle percussioni come la minimale e variata Loxtep, la leggerezza ironica di Eyes in the darknes (che fu una b-side, assieme a The giving tree forse all’origine della copertina ingenua-naif) a cui è affidata un’apertura destabilizzante, semplicemente per gioco, la sacralità pop di Hair don’t grow e la tenerezza di Springtime e Always do, buon esempio di indie-pop (qualunque cosa significhi di questi tempi) è l’orecchiabilissima Sweet sister, forte di una linea vocale particolarmente curata, al contrario, Hardwood Floor è l’episodio più insistentemente sviluppato dell’abum. Nel complesso, l’album Count the rings e quindi, come artefice della raccolta, il progetto Annuals stesso, è intriso di proverbiale leggerezza d’oltre oceano, caratteristica di cui farsi vanto con lo stile frizzante di chi, sempre pronto a sperimentare, sta bene attento a non darlo troppo a vedere al pubblico, altrimenti il livello dell’analisi salirebbe, la critica si farebbe più tesa e i giochi perderebbero in freschezza del sapore.