venerdì, Novembre 15, 2024

Arctic Monkeys – Suck It And See (Domino, 2011)

A dispetto del titolo provocante e osè (che sta procurando alcuni problemi di censura negli Stati Uniti), il nuovo lavoro degli Arctic Monkeys si rivela graffiante giust’appunto nella semantica. A due anni dalla pubblicazione di Humbug, i quattro di Sheffield tornano con Suck It And See, disco che vede alla produzione James Ford già collaboratore per i primi due album e tre fra i brani contenuti in Humbug. Dodici pezzi nettamente friendly in cui gli Arctic Monkeys hanno messo freno alla spinta danzerina dei primi album e hanno optato per un mood più sornione; le sonorità del disco sembrano aver risentito del sole di Los Angeles e difatti i pezzi sono più pacati rispetto i precedenti lavori e i suoni ingentiliti da abbondanti riff attinti da un repertorio molto jangle pop. L’album si apre con She’s Thunderstorms, canzone melodica che sembra mendicare le attenzioni di una qualche serie televisiva a cui fare da colonna sonora, seguita da Black Treacle che non riesce a soddisfare le attese del disco. È con Brick By Brick che si può ritrovare qualcosa del vecchio spirito Monkeys, nonostante l’originaria matrice artica sia stata parzialmente sciolta dalle melodie californiane (siamo lontani da Balaclava). Si prosegue col trittico Don’t Sit Down ‘Cause I’ve Moved The Chair, Library Pictures, All My Own Stunts, in cui la band dimostra di aver in parte assimilato le influenze della collaborazione con Josh Homme, già produttore per Hamburg e comparsa a sei corda in All My Own Stunts. Le tre tracce presentano richiami allo stile dei Queens Of The Stone Age, specialmente per i pezzi di chitarra e la tonalità che dettano l’impostazione delle canzoni. Decisamente flebile è la title track che suona come un calco sgualcito e privo di ispirazione ripreso dai vecchi pezzi di Favourite Worst Nightmare. That’s Where You’re Wrong è la chiosa dai richiami agli Smiths e dal testo anti-romantico che deve al sardonico Alex Turner, songwriter del gruppo, il buon impatto delle parole “You’re rarer than a can of dandelion and burdock/and those other girls are just Post-Mix lemonade”. ‘è da dire che l’album mette in evidenza le capacità di Turner di essere un paroliere originale e azzardato capace di parlare di amore senza, in realtà, farne alcun riferimento prevedibile e di produrre versi ironici e dissacranti. Con la nuova release gli ArcticMonkeys sembrano meno interessati a proseguire sulla strada dei primi successi, che tanto gli erano valsi per essere riconosciuti come una delle migliori rock band del panorama britannico, quanto a non lasciarsi sfuggire l’opportunità di continuare a suonare con la stessa libertà e rilassatezza di un qualunque gruppetto in sala prove. In generale Suck It And See è un disco beffardo che lascia intravedere in alcuni passaggi lo stile aguzzo dei primi album per poi chiuderlo velocemente e insabbiarlo al di sotto di una coltre musicale morbida e accomodante.

Giulia Bertuzzi
Giulia Bertuzzi
Giulia vede la luce (al neon) tra le corsie dell'ospedale di Brescia. Studia in città nebbiose, cambia case, letti e comuni. Si laurea, diventa giornalista pubblicista. Da sempre macina chilometri per i concerti e guadagna spesso la prima fila.

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