Negli ultimi anni in Italia (e non solo) l’etichetta “indie” è stata associata a proposte musicali di ogni tipo, spesso assolutamente lontane dallo spirito che dovrebbe animare chi si fregia di tale aggettivo. Per fortuna di tanto in tanto ci si imbatte in qualche disco che, pur non rivoluzionando il genere, porta avanti il suo discorso musicale in modo coerente ed intelligente, regalando le giuste dosi di chitarre, melodie, distorsioni e soprattutto idee. E’ il caso di “Come!”, il disco dei pratesi Baby Blue, che segue l’omonimo EP di ormai 3 anni fa. Oggi come allora la produzione è affidata a Paolo Benvegnù, ottimo nel trovare il giusto equilibrio tra pulizia e ruvidezza, senza imbrigliare troppo la parte selvaggia della band.
Parte che trova le sue radici in quell’ala di post-punk più psicotica e veleggiante verso il punk, cioè Wire (in “River” o in “Eileen”), X (nel duetto decadente di “Mess”) e a tratti anche i Cramps con il loro psychobilly (nella travolgente “Miss” o nella coda deragliante di “Silently”). O nello scontro tra grunge e post-hardcore che distingueva alcune riot grrrls, come le Bikini Kill o le Babes In Toyland (un esempio è “Took Me Long”).
Non si disdegnano però momenti più “rilassati”, nell’alveo dell’indie anni ’90, con chitarre che in più passaggi richiamano alla mente i Built To Spill o melodie alla Modest Mouse (“Far From Home”), o di proposte più moderne e spensierate, come i Vampire Weekend (“All You’ve Known”).
Il risultato è un mix avvincente e mai banale, capace di conquistare l’ascoltatore e di costringerlo ad aspettare sempre il brano successivo per capire cosa avverrà. Merce rara, di questi tempi.