Torna il siracusano Barbagallo, e come in precedenza (Quarter Century e Live At Yoko Ono) è un bel sentire. Già firma e collaboratore di svariati progetti (Suzanne Silver, La Moncada, Albanopower) l’artista siciliano dedica il titolo della sua nuova prova agli studi di registrazione dove sono stati prodotti alcuni dei brani del nuovo disco. Blue Record non doma l’animo sperimentale del musicista e dei suoi sodali (tra cui membri di Dead Cat In A Bag e La Moncada), ma anzi lo sostiene e lo rinforza con bordate chitarristiche mai così vicine al post rock barricadero della scuola di Louisville, emblematica in tal senso è la traccia che apre il lavoro, la ferrosa e saltellante Soulself. La psichedelia post-tutto ricopre i brani di una patina arcigna e disturbante, anche quando il passo si fa più meditativo e cadenzato (Radion) o quando sembra che una banda di fiati in calzoncini e ciabatte accompagni l’esecuzione della riuscitissima cover Younghiana For The Turnstiles, direttamente da quel capolavoro che è On The Beach.
La trance ossessiva ed ipnotica prende il sopravvento nei dodici e rotti minuti di Rats & Mosquitos, delirio di spazzole strascicate, rumorismi siderali e arpeggi di chitarra avant blues da fine del mondo. Si è sempre a fuoco, sempre concentrati e sul pezzo, anche quando si aprono squarci di vecchie rabbie grunge come nella sofferta In My Better Cup o il nostro duetti con la spettrale voce di Lucia Argese (Hiss Of Hush). Il numerino jazz convulso in lo-fi di Jewish fa da apripista alle malinconie acustiche della bella Rainbow, pizzicata da una melodia che rimanda ancora a dolori ed uggiosità anni ’90 tra l’asse Seattle – Portland.
Blue Record è la conferma (graditissima) di un artista con molte cose da dire e con in testa un’idea di musica niente affatto scontata.