domenica, Dicembre 22, 2024

Baustelle: Intervista

Una riflessione sofferta, un ritratto veritiero di una società che macina soldi da mattina a sera e che sembra non voler pensare ad altro. Amen, l’ultimo disco dei Baustelle, è soprattutto questo. Ma non solo.
Francesco Bianconi, paroliere e leader della band, fruga tra le miserie di questa stronza civiltà, si ferisce, si fa male, ma poi lo fa anche a noi. “Non è con le canzoni che si fan le rivoluzioni”, qualcuno c’era arrivato più di 30 anni fa e noi lo ringraziamo di averci fatto crescere con questa consapevolezza. Ma forse la più grande rivoluzione di oggi è l’ascolto, la riflessione.
“Fermiamoci, fermatevi!” sembrano voler dire i Baustelle. L’ammonimento è quasi biblico. Con Amen la canzone italiana riacquista la sua dignità e ritorna agli antichi splendori, con la spensieratezza delle canzonette si possono smuovere le coscienze, e quindi…benvenuta sofferenza, eri necessaria. Il disco vede anche la partecipacizione di Beatrice Antolini ed è farcito da arrangiamenti consistenti in cui spiccano archi, ottoni e bellissime melodie. Proprio queste sono figlie del canto di Bianconi e di Rachele Bastreghi la cui voce conferisce slancio ed enfasi. Il lavoro svolto in fase di registrazione è maturo e raffinato e riesce a catalizzare al meglio le energie profuse dalla band.
La speranza è che le genialità e le finezze che si ascoltano in alcuni brani del disco (chitarre mitragliatrici, curiosità prog, angeli con le trombe e arcangeli con tromboni) siano riproducibili in maniera dignitosa dal vivo. Ma questa è un’altra storia.

Nel frattempo Francesco Bianconi, in un viaggio dalla terra natia (Montepulciano) fino alla città che lo ha adottato (Milano), si presta ad approfondire con timidezza e cortesia, i tratti salienti della sua poetica. Particolare attenzione è rivolta all’ ultimo album e alla loro tourneè che proprio in questi mesi tocca le più importanti città italiane.

Amen è soprattutto una pesante e dura critica al sisitema consumistico occidentale, (penso alla canzone “il liberismo ha i giorni contati”), ma secondo te Francesco la fine è davvero così inevitabile?

“Il liberismo ha i giorni contati” rappresenta la visione di una persona senza speranza, come sono stato anch’io per un periodo della mia vita (senza lavoro, senza soldi), in un sistema che invece è sempre scintillante e perfetto. La protagonista desidera che tutto esploda. Io in questo momento penso che il mondo non esploderà, ma penso che sempre più persone si stanno rendendo conto che questo sistema di organizzazione economica della società basata soltanto sul profitto non risolve tutti i problemi e non ci rende così migliori.

Il primo singolo di questo album si intitola “Charlie fa surf” (ispirato all’ istallazione di Maurizio Cattelan “Charlie don’t surf”) è una canzone che fa molto soffrire e che fa riflettere su quanto i teenager di oggi siano conformisti anche nella trasgressione. Faccio riferimento all’impressionante uso di droghe pesanti molto diffuso tra i ragazzini. Una soluzione?

Dovrebbe cambiare il sistema di organizzazione della società.
Oggi ogni tipologia di valore è azzerato a discapito dell’ accrescimento del benessere economico. C’è sempre meno spazio per pensare ad altre possibili forme di sussistenza. I ragazzini di oggi sono dei picccoli cristi caricaturali vittime di una società vuota, senza valori, che li vuole tutti uguali anche nel momento della trasgressione. In questo brano li prendo un po’ in giro ma un po’ li compatisco anche, la loro trasgressione è falsa e serve soltanto a tenerli a bada e ad omologarli.

Forse i Baustelle sono uno dei pochi punti di riferimento di una generazione di ascoltatori che non si ritrova più nelle classifiche nazionali….

C’è una sensazione di vuoto nel panorama musicale italiano e questo lo dico con dispiacere perché se c’è una scena che funziona è un bene per tutti. Tanti ritrovano in noi il rock in una lingua che capiscono, ma nell’ascolto della nostra musica trovano anche sfogo i desideri di chi prima ascoltava i cantautori e che ora magari non li ritrova più al loro posto, a nostri concerti puoi trovare benissimo anche ultra quarantenni che ascoltano o che acoltavano Fossati o De Gregori.

Dopo i vostri primi due album con la Malavita e con Amen il vostro sound è radicalmente cambiato e anche il vostro pubblico si allargato. Avete raggiunto il grande pubblico, e questo può rappresentare anche un segnale positivo. State pensando anche a Sanremo?

A me Sanremo non piace molto, è soltanto uno spettacolo televisivo oltretutto con pochi effetti promozionali e le vendite dei dischi lo dimostrano purtroppo. Tuttavia, se in futuro ci saranno edizioni più interessanti e rappresentative della realtà musicale italiana ci si potrebbe fare anche un pensierino.

Che tipo di live dobbiamo aspettarci da questa tournée?

Abbiamo fatto ieri le prove generali, siamo in sette sul palco e ci sono un sacco di musicisti nuovi, sono molto contento perché ci troviamo bene non solo dal punto di vista tecnico ma anche dal punto di vista umano che è sempre importante. Ci sarà Sergio Carnevale alla batteria (ex bluvertigo e batterista di Morgan), c’è un polistrumentista molto bravo che si chiama Nicola Manzan… insomma siamo in tanti.
Dopotutto ricreare l’atmosfera del disco era abbastanza difficile, l’album tra l’altro è stato registrato con il supporto di un orchestra sinfonica in carne ed ossa! Ovviamente durante il live quest’ultima non sara presente sul palco (i costi di produzione sarebbero insostenibili) ma ci stiamo adoperando per ottenere lo stesso una buona resa.

La costatazione di una realtà storica orrenda dominata dalla superficialità e dai fallimenti dell’ essere umano. Il sentimento che predomina è la disillusione ma c’è anche spazio per la speranza, penso all’eccezionale tributo a Lee Hazelwood che tu descrivi come una preghiera contro il panico.

La realtà in questo disco viene descritta nei suoi aspetti più crudi e più degradanti, ma è anche un album in cui ci sono degli spiragli di luce o quantomeno l’intenzione di ricercarli”

E così sia.

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