C’è una sorta di prolifera irrequietezza nelle vicende di Fabio e Michele Campetti. Attivi dal 2004, i fratelli bresciani hanno dato suono a cinque album distillati in due differenti gruppi. Accade così che dopo Edwood e Intercity, i Campetti si consacrano sotto l’egida di Campetty realizzando il primo album della nuova saga.
La raccolta dei singoli racchiude le dodici tracce dell’album e che vedono la partecipazioni musicale di Paolo Comini al basso e Gian Nicola Maccarinelli alla batteria. C’è un filo rosso che unisce i passaggi da Edwood, Intercity e Campetty. E non si tratta solo della voce di Fabio Campetti, quanto della atmosfera madida e nebbiosa che vela gli album. In effetti, le estati e le lune descritte ne La raccolta dei singoli, non sono mai crepate dai raggi delle stagioni di cui cantano, né infarcite di metafore trasognate. Piuttosto, è un romanticismo fatto di plastica e lame che anima l’album, lo stesso che si ritrova nella contorta dichiarazione amorosa de L’intro e continua nell’interpretazione di Sara Mazo (ex Scisma) in Mariposa Gru. Nelle panoramiche aeree sugli scenari urbani di Tenda Prodigy o Brasilia, la sequenza delle descrizioni degli oggetti e delle situazioni trabocca, tanto da diventare un elenco ipnotico. Flash visionari che si ripropongono fino alla chiusura de L’Outro e la sua carica densa di saudade. Compatto nei suoni, calibrato magistralmente e alimentato dalle sferzate ritmiche della batteria, La raccolta dei singoli è un album piacevolmente struggente su cui si sedimenta un limo uggioso, da Inghilterra del nord, che rende opache le immagini sfumandole mollemente nel ricordo.