domenica, Dicembre 22, 2024

Chewingum – Nilo (Garrincha, 2012)

Il secondo lavoro dei senigalliesi Chewingum è uno dei più sorprendenti album italiani del 2012. Da scoprire, perché incuriosisce e offre diversi spunti di riflessione, nel bene e nel male. Fiore all’occhiello del catalogo dell’ottima Garrincha dischi, insieme a Turisti della democrazia, Nilo tiene alto lo spirito temerario proprio dell’ultima ondata di indie-pop italiano nel lanciarsi in liriche istintive e assalti alla collettività frivoli e sfrontati come battaglie di cuscini.

Un artwork visionario è la prima avvisaglia del carattere del disco, che apre con un pezzo dal titolo springsteeniano: Atlantic City. In realtà, non c’è nulla di più lontano da questa immagine. La prima traccia è, infatti, un pezzo molto funky, con una linea di chitarra ritmica fresca e ricamata con tastiere e un azzeccatissimo assolo di hammond.

Dimostrano subito di saper giocare con gli strumenti propri del pop, i Chewingum. E quando parte il giro di basso della seconda traccia, L’alba di Roma Est, s’intuisce che anche la varietà di suoni sta di casa in questo lavoro pulito ma sperimentato, giocato, praticamente impreziosito da una ricchezza di sonorità che definire alt pop è fare un complimento al genere. Con un testo trascinante e una sezione ritmica che ricorda i Flaming Lips di “Yoshimi Battles The Pink Robots”, ma anche i Lemon Jelly di “The Staunton Lick”, China Metropolitana è forse il pezzo di maggior impatto del disco. “Cercavo l’oro ad Hong Kong, ma c’è solo smog/Confucio è saggio però non tira il risciò/e la mia laurea è all’asta su Ebay”: un testo che racchiude in poche righe la disillusione che segue di solito la fuga dal proprio paese verso lidi di cui si sa sempre troppo poco. Una canzone frivola ma molto divertente; difficilissimo non canticchiarla per una settimana intera.

Per quest’album, i Chewingum si avvalgono di qualche collaborazione. Come in Oregon ghiacciai, un pezzo con chitarre surf, cori vagamente beatlesiani e una Maria Antonietta psichedelica.

Per non smentirsi, a tutto questo sfarzo elettrico i tre di Senigallia fanno seguire della sana samba (“Sambamara”), mentre – complice il falsetto – con “L’Assunzione della Vergine” si trasformano temporaneamente nei Verdena delle (rare) ballate. Raccontare ogni traccia di questi 36 minuti ne sminuisce la fantasia; ciò che colpisce di più, infatti, non sono i brani in sé ma l’estro nell’accostarli l’uno all’altro come si fa con le verdure strane nelle insalatone estive: il risultato è di una vivacità che sorprende non poco, perché da un gruppo indie-pop emergente, in Italia come all’estero, non ci si aspetterebbe tanta inventiva.

Ma d’altronde, leggo, i Chewingum hanno suonato anche al ricercato Living Room di New York, e non sono proprio i nuovi arrivati. Ci stanno provando da quattro anni, a guadagnarsi un posto nella scena indie italiana, e questo disco dà loro una forte spinta verso l’alto. Ancora una volta, Garrincha ci ha visto bene.

Flora Strocchia
Flora Strocchia
Flora scrive, è traduttrice, ascolta molta musica e non si perde un concerto.

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