Luci e ombre. Le Cocorosie tornano con il nuovo album e il consueto bagaglio di strumenti giocattolo, malinconia, ritmi hip hop e nenie folk. Il precedente Noah’s Ark era la quintessenza della tristezza, questo nuovo The Adventures of Ghosthorse and Stillborn sia apre invece all’insegna della luce: “Rainbowarriors” segna la ricerca di un’inedita forma di leggerezza, malinconia sì ma con un nuovo appeal radiofonico se possibile (vengono quasi in mente i Bran Van 3000!). Il tempo di abituarsi alla novità e subito segue “Promise”, brano dall’incedere hip hop di rara pesantezza che proietta sull’ascoltatore la consueta ombra della disperazione tipica delle sorelle Casady. Un inizio coi fiocchi che lascia pensare a un nuovo grande capitolo della saga Cocorosie e invece l’alternanza di luce e ombra si ripropone su un piano qualitativo. Segue l’inconsistente “Bloody Twins” e la decisamente bruttina “Japan”. Mi chiedo se per incidere un brano come questo, marcetta esotica dal sapore caraibico, fosse veramente necessario volare fino a Reykjavik per lavorare con Valgeir Sigurdsson (già produttore di The Letting Go di Bonnie Prince Billy). The Adventures of Ghosthorse and Stillborn procede tutto così, tra canzoni che faranno la gioia degli estimatori (tra cui mi annovero) e cadute di stile più o meno eclatanti. Anche “Houses”, scritta da Devendra Banhart, non risolleva di molto la situazione.
In definitiva The Adventures of Ghosthorse and Stillborn non è un disco brutto come ho letto da qualche parte. In realtà se oggi ci si può permettere di essere così esigenti con le Cocorosie è perché ci hanno abituato a ben altro. In ogni caso un album da ascoltare anche se è sicuramente il meno convincente dei tre. Distribuisce per l’italia SELF