Non si esce (vivi) dagli anni 80. Nel bene e nel male, i belgi (Leuven) Confuse the Cat compongono un elegante tessuto che rimanda alle matrici di mille formazioni che hanno imperniato il penultimo decennio del ventesimo secolo, decennio tanto rimpianto e tanto riprodotto, con risultati spesso indegni o eccessivi. “Kericky” è il secondo album del quartetto dopo “We Can do it” del 2006. Sono tante si diceva le influenze riconducibili a questo lavoro e allo stesso tempo precise, riconoscibili. Da cure, Bauhaus e Joy Division (non mi sembra mai scontato sottolineare quanto queste tre formazioni siano basilari nell’ intera storia della musica contemporanea, almeno indirettamente), si arriva a Tears for Fears, Psychedelic Furs, una leggera e indolente aria shoegaze, alla Jesus and Mary Chain, alcune cose dei primi Simple Minds. Le canzoni si assomigliano un po’ tutte, va detto, almeno per sonorità e timbro del cantato, e viaggiano sulle false righe dei canoni tipici della new wave, voce potente e melanconica, bassi corposi, chitarre graffianti o echeggianti, giri di batteria che alternano dub a disco, ma i ragazzi conoscono pur sempre bene il campo in cui operano e l’ operazione nel complesso non sfigura affatto, anzi riesce nell’ intento prima di farsi ascoltare, e, confesso, fosse per gusti personali, che alcuni giri di basso ed alcune melodie mi hanno rapito. Insomma una ricetta semplice, sicura e di facile effetto, ma alla lunga efficace. L’ impressione che Confuse the Cat, non più giovanissimi abbiano attinto direttamente dalle fonti, e non dalla new wave di seconda generazione, è quasi una certezza insomma, con alcuni spunti che, con mooolta moderazione, possono essere rinnovati e portati avanti.