I Cut sono sempre stati un fenomeno piuttosto anomalo nel panorama indie-rock italiano, spesso troppo preso a guardarsi la punta delle scarpe o intento a ripercorrere le gesta di quei 2 o 3 gruppi che ce la fecero nei “magnifici” anni ’90. Perché anomali? Innanzitutto per quell’essere orgogliosamente esterofili sia nelle sonorità che nell’approccio, esterofilia che li ha portati ad essere tanto considerati in Europa (soprattutto in Gran Bretagna) quanto ovviamente snobbati nel nostro paese. Poi per l’ostinata intransigenza con cui i nostri hanno modellato la propria carriera, non cedendo mai ai facili compromessi delle mode “soniche” nostrane. Una band autentica insomma.
Operation Manitoba è il disco d’esordio del gruppo bolognese, uscito nel Marzo del 1998 e ristampato oggi in occasione della rinascita dell’etichetta che lo lanciò, la storica Gamma Pop.
Registrato in presa diretta in soli tre giorni e mixato da Fabio Magistrali, Operation Manitoba all’epoca fu uno dei dischi dell’anno sulle maggiori riviste musicali italiane (quando ancora le riviste musicali avevano un peso ed un senso).
Riascoltato oggi è facile capire il perché di tanto entusiasmo: il sound concepito da Carlo Masu, Daniele Pala e Elena Skoko è un clash emotivo che coinvolge tutto il meglio della musica underground sino ad allora prodotta: su un impianto solido di rock’n’roll boombastico i nostri iniettano infatti letali dosi di noise rock austero, crudo e dissonante figlio della Washington DC più incazzosa ed oltranzista. Ma non solo: c’è l’art rock algido della NY pre-punk di Velvet Underground e Television che si tradisce flirtando con il becero proto punk di Dictators (l’operazione del titolo è proprio un omaggio al nome del cantante, Handsome Dick Manitoba) e Dead Boys, c’è il funk e l’r’n’b maltrattato dal punk di cult bands che all’epoca incendiavano i palchi di tutto il mondo, vale a dire gli International Noise Conspiracy e i Make Up di Ian Svenonious. Energia, cattiveria, groove, senza mai una concessione al ritornello cantereccio o al riff facilone, i 12 brani del disco mostrano i muscoli ma sanno come far inceppare il cervello grazie a psicotici giri psych. La viziosa e contorta Snake Dancer, lo scoppio di Get Out Of My Way e i riffs al napalm di Soul Deranger e Sound Of Cut a rappresentare gli episodi migliori. Ma tutto il resto, credeteci, non è da meno. Da riscoprire.