Convergenze un tempo parallele. L’area europea dell’electro-dance negli anni ’10 ha fatto non pochi proseliti, anche oltreoceano. Se i Daft Punk hanno aperto un mondo, i vari Soulwax, Goose, Cassius e, appunto, i Digitalism hanno provato umilmente a emularli o a raccogliere quel giro di chitarra, quel synth, quel tono di batteria elettronica. Il French Touch sembrava potesse sopravvivere con un’evoluzione controllata dalle nuove generazioni, e anche fuori dai confini nazionali, come in Belgio e in Germania. Ogni artista si era modellato il proprio spazio, la propria linea di sviluppo delle canzoni, che andava di pari passo con dei suoni caratteristici. Così è e così è stato per gli artisti sovracitati, finchè il meccanismo non si è rotto e qualcosa è andato e sta andando storto. Prendo in mano l’ultimo dei Digitalism, I Love You, Dude, con l’enfasi che mi ha trasmesso il precedente Idealism, di ormai quattro anni fa. Recepito più di un anno dopo l’esordio, grazie alla famosa pubblicità della BMW, trovai in quel disco, soprattutto nelle tracce simbolo Zdarlight e Pogo, una spontaneità adolescenziale, un divertimento puerile di quei due ragazzi che, aggeggiando al loro Mac, avevano dato vita a qualcosa di semplice ma molto coinvolgente. L’apripista Stratosphere promette bene, e m’immagino già i pubblicitari sfregarsi le mani per un nuovo contratto con la casa automobilistica tedesca. Parte in quarta, si smonta da sola per poi ripartire e fine. Buona la prima. 2 Hearts è il singolone, messo in seconda posizione per quelli che hanno acquistato il disco solo per questo. Voce pulita, matura, ritornello appiccicoso che di più solamente Pogo ci riuscì. Si intuisce subito che il tema portante stavolta non è una certa sonorità, o un approccio particolare verso le canzoni. E’ l’atmosfera da superproduzione, che comprime, costringe se non infesta l’intero album. Funziona, per l’ultima volta, con Circles. Dopo, il declino. Ripetizione? Magari. Si strascica una formula che non da sensazioni troppo marcate, si pone volontariamente il resto del disco in sottofondo, in sordina, senza botti. Il digitalismo, semmai è esistito, si è smarrito. Rimane una manciata di tracce buone per l’apertura di una festa electro. E sovviene il ricordo di Synrise, la seconda prova dei belgi Goose, adagiata anch’essa su standard non all’altezza dell’esordio, cercando un’evoluzione che non funziona. Synrise e I Love You, Dude si assomigliano e non poco. Se hanno cercato di condurre il nuovo French Touch verso un’uniformità di colore, beh si sono sbagliati e non poco. E non sarà Casablancas, autore della traccia Forrest Gump, e nemmeno la sperimentazione alla Air di Just Gazin’ a cambiare le carte in tavola. Solo Encore vive di vita propria, ma non riesce a riportare dall’aldilà tutto il disco. Confidiamo in una presa di coscienza del duo tedesco. E se così non dovesse accadere, anche se è brutto da dire, ci rimane sempre Idealism.
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