Ottimo ritorno per il trio piemontese che per questo secondo full-lenght si riconferma con interessanti novità. Oltre alla nuova etichetta, va segnalata infatti la produzione di Alessio Natalizia (Banjo Or Freakout) che, azzardiamo, ha dato un contributo considerevole al rinnovato suono della band. In questo senso “Brazil” resta un’opera ricca e articolata, esempio brillante di come una fantasia vulcanica possa abilmente piegare influenze e riferimenti alle proprie urgenze, sfuggendo al gioco delle citazioni. Pop-rock deviante, che si nutre ora di kraut, ora di space-pop à la Stereolab, strizza l’occhio al post-punk, diverte con l’ironia di ritornelli appiccicosi, si affida all’epica di cori epici di scuola indie per sottoporli a dilatazioni riverberate e a delay implacabili di chiara marca Animal Collective. A far da filo conduttore una sezione ritmica compatta, dove le percussioni restano rock e groovy anche quando si abbandonano a ritmi esotici. Veramente bravi.
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