Tra le nuvole e l’asfalto è il primo album di Federico Braschi. Si tratta di un disco autoprodotto, pubblicato per la prima volta nel 2009 e riproposto, ora, su etichetta Goodfellas, e del quale vi parliamo molto volentieri ed anche con grande sorpresa. Federico Braschi non è ancora ventenne ma ha le idee molto chiare. Tra le sue influenze troviamo nomi importanti, troppo grandi direbbe qualcuno pensando al binomio giovane/inesperto, eppure, Bob Dylan, Fabrizio De Andrè e Leonard Cohen non sono poi così inaccessibili, se li si ascolta (e li si digerisce) con il giusto pathos ed altrettanta cognizione musicale, la stessa che contraddistingue questo giovane artista di Cesena. Cominciamo col dire che il disco in questione presenta tutte le caratteristiche del caso, compresa una doverosa, seppur lieve, innocenza vocale; la compattezza del lavoro, però, lascia esterrefatti sia per l’omogeneità delle sonorità, e quindi – in particolar modo – per la presenza di una consapevolezza musicale che risiede in un genere del tutto personale: Federico Braschi non è l’emulo di nessuno, anzi, parrebbe aver già trovato la propria strada. Ascoltando la prima traccia, Alzando gli occhi, è subito chiaro con chi abbiamo a che fare. Una voce sincera, mai statica e che ben si sposa con le sonorità folk dai richiami a stelle e strisce. Tornano spesso, questi sapori bluegrass, e sono particolarmente godibili: Hotel Supramonte, ad esempio, non viene stravolta ma “abbellita” in funzione dell’abbondanza del disco. Poi ci sono episodi dove si sente la mano degli ospiti illustri: il glockenspiel di Cenere rende sognante un pezzo che avrebbe potuto essere una perla nella discografia dei Modena City Ramblers (qui presenti con Davide Morandi, Franco D’Aniello e Francesco Moneti). Gli ospiti danno anche una mano cantando, si ascolti la banjo-oriented Pioggia e tempo, in cui la voce di Federico Braschi incontra quella dei Modena City Ramblers, senza rischiare l’anonimato. Poi arrivano le citazioni, come l’armonica dylaniana di Le nostre parole, pezzo che potrebbe fare tanto per l’attuale arido panorama musicale italiano o la “fumante” Rainy Day, che ci porta indietro ai tempi delle vecchie ferrovie del West. Insomma, non mancano le ispirazioni, né le nuove idee e la voglia di mettersi in gioco. Se queste sono le premesse, non possiamo che sbilanciarci: Federico Braschi saprà sorprenderci ancora nel futuro.