Filo Q ama fare le cose in grande. Non gli bastava dare alla luce un bel disco, così si è rivolto a grandi nomi: dopo Paolo Benvegnù, il quale ha messo mano al precedente album (Le proprietà elastiche del vetro), troviamo qui Max Morales ed il suo pianoforte, Giorgio Pona con i suoi rumorismi ed infine, Pharoa Russell già al lavoro con Noisettes ed Emiliana Torrini. Nomi, questi, che appartengono a background musicali diversi, e non c’è da meravigliarsi. Filo Q è un vero cantautore, autore dei testi e delle melodie, ma non si limita soltanto a questo aspetto. Il fatto che abbia voluto chiamare in suo aiuto artisti così apparentemente diversi, la dice lunga sul suo modus operandi: Filippo Quaglia (questo il suo vero nome) è anche un arrangiatore capace di remix come quelli concessi a Meganoidi, Ex-Otago e Boosta, per citarne alcuni. Si tratta di un cantautore del XXI secolo, armato di chitarra e campionatore, e la cui musica ricorda alcune delle produzioni di record label come la Circle Into Square e la Fake Four, Inc., entrambe situate a Portland (Oregon). Ecco, se in Italia, difficilmente si possono trovare analogie con altri artisti, a livello mondiale, la politica sonora di Filo Q non è certamente una novità. Nessun tentativo di sminuirlo questo, anzi, è proprio collocandolo in un genere già consolidato (altrove) che il suo lavoro trova un senso ed una funzionalità ben precisa. Il bordo del buio è – come dicevamo – un bel disco, con liriche mai banali ed una strumentazione variegata: Filo Q, da solo, partecipa suonando drum machine, xilofono, mellotron e synth (senza dimenticare la chitarra). Il bordo del buio si apre con la poetica Di giorno gli incubi hanno sonno, un’introduzione al suo mondo meditativo che mantiene – anche negli episodi successivi – le buone aspettative di questa traccia. La memoria, il secondo pezzo, apre a suoni inaspettati, ed ecco che l’ascoltatore rimane quasi rapito dal ritmo agitato su cui volano parole che compongono una metrica impertinente (“mangiare legno e costruire altari/ può essere un hobby che fa male al cuore/ come quando dicevi serio che volevi portare a ballare tutte le zanzare/ e insegnarli il tuo nome”). Ci sono momenti in cui Filo Q ricorda l’ultimo Damien Jurado (Bombardano Parigi) o il Sufjan Stevens “trompettiste” (Causeffetti), altri, dove è semplicemente se stesso (o il figlio della tradizione cantautorale genovese). A proposito della summenzionata Bombardano Parigi, da notare l’utilizzo dello straordinario theremin, lo strumento elettronico, inventato nel 1919 dal fisico Lev Sergeevič Termen, capace di dare un tocco tragico alla satira post-bellica della traccia in questione, con quel suono a metà fra la nota acuta di un violino ed una disperata voce umana (femminile). Altra piccola curiosità: se vi piacciono le produzioni sospese tra hip-hop, elettronica e musica acustica della Fake Four, Inc., non potrete fare a meno di apprezzare uno dei tanti progetti paralleli del nostro cantautore genovese, gli imminenti Magellano, un “collettivo nato tra gli stretti vicoli di Genova” (così amano definirsi), dove Filo Q apporta il suo contributo vocale e come arrangiatore. Da tenere sott’occhio.