Secondo sigillo per i Fratelli Calafuria che dopo il fortunato Senza titolo. Del fregarsene di tutto e del non fregarsene di niente , pubblicano Musica Rovinata per la Massive Arts Records. Un ritorno che sfocia nei più svariati generi, visti e confezionati con estrema leggerezza e libertà, un binomio che ha permesso ai musicisti lombardi di produrre un disco che pare una mescolanza di suoni che, ad un primo assaggio, sembrano sfornati quasi a casaccio. Ed è proprio questo che rende Musica Rovinata un’interessante commiato che concentra il proprio baricentro fra sonorità grezze sporcate elettronicamente e spasmi di un garage rock condito da atteggiamenti rebel sostenuti da un mantello new wave. Una schizofrenia che rende difficile l’assorbimento ma che sicuramente sancisce un originalità compositiva coraggiosa e ricercata. Ogni brano ha un’identità propria, si passa da Disco Tropical che incanala atteggiamenti orecchiabili da hit estiva alla title track che si presenta in chiave funk con un tappetto noise che sarà poi l’unico filo conduttore di questo disco. Le tracce, che musicalmente non seguono un andamento lineare, presentano una maggiore regolarità nelle liriche, dove vengono narrate realtà metropolitana visitate in chiave ironica e cinica allo stesso tempo. Negli atti più tesi come Pezzo Giallo e Fare Casino, emerge l’instabilità e la sregolatezza dei registri musicali, veicolando l’attenzione sull’aspetto complessivo dei sound dei Fratelli Calafuria, autentiche improvvisazioni graffianti e poliedriche. Un disco non facile da metabolizzare per la complessità della forma, ma che suggerisce un’elevata padronanza dei mezzi tecnici, dove si è deciso d’incidere un full lenght che, paragonato all’arte, potrebbe considerarsi un quadro d’action painting, quell’espressionismo astratto che fa dell’istintività creativa il proprio marchio di fabbrica. Un ottimo risultato che premia la sperimentazione ma che incide, in maniera negativa, sulla fluidità dell’ascolto.