Good Luck é l’ultima uscita dei Giardini di Mirò. Rileggo questa frase e più la leggo più l’insoddisfazione cresce. Sarà perché da un punto di vista strettamente personale, i Giardini di Mirò rappresentano quello che si può definire un rumore di fondo, una frequenza captabile solo dalla profondità di nervi, un deja-vù musicale. Per questo con “ultima uscita” ho l’impressione di presentare Good Luck al pari di un collezione stagionale, un nuova linea di prodotti che andrà o non andrà per un certo periodo. E per quanto razionalmente mi renda conto che il tempo, quello cronologico dei sessantesimi, esige che se ne parli nei termini del prima e dopo, resto convinta che Good Luck sia sempre esistito nelle intenzioni auree dei Giardini di Mirò, e quindi ci sia sempre stato. Preferisco dire che Good Luck corrisponde alla telefonata fatta all’amico lontano da tempo o al ritrovamento casuale di qualcosa di vecchio rimasto sepolto per casa. E Good Luck é effettivamente questo, un discorso lasciato in sospeso con una creatura complessa che da quando esiste si é fatta conoscere in tutte le proprie sfaccettature. All’inizio nel pieno della propria fragilità e titubanza (Rise and Fall of Academic Drifting), poi è sbocciata come le fanciulle in fiore rinascimentali (Punk… Not Diet!), ma si è mostrata anche aggressiva al limite del violento (Dividing Opinions) fino a buttarsi anima e corpo in una meditazione ascetica totale quasi integralista (Il Fuoco). E ora? Ora la creatura si racconta, nel senso più carnale della parola; fa sentire la propria voce che per così tanto tempo è stata solo un’apparizione. Melodie fragili unite da invincibili legami molecolari, equilibrio e controllo che impongono il proprio controllo nella ritmica, rappresentano la cifra stilistica dell’album. Memories scandisce la poetica minimale e assoluta, abbondata agli arpeggi catartici della chitarra, Ride e Time On Time sfilano veloci dando spazio all’interpretazione di Andrea Mancin, batterista subentrato a Francesco Donadello. Spicca poi il contributo delle voci femminili, in particolare in There Is a Place, featuring con Sara Lov (Devics) e Rome con Angela Baraldi.
L’apprezzamento dei Giardini di Mirò non prevede che esistano via di mezzo; chi è rimasto incantato dalle antiche Penguin Serenade o Malmoe (…My Supreme Idea of Love), inevitabilmente riuscirà a cogliere il nuovo senso di vitalismo e di leggiadria che segna l’album e che lo rende un chiaro lenitivo per l’anima.
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Tracklist
Memories | Spurious Love | Ride | There Is A Place | Good Luck | Rome | Time On Time | Flat Heart Society [/box]