Un ennesimo tassello di vitale importanza nella nutrita discografia di questa formazione di Portland, Oregon. Produttività che certo evidenzia un estro creativo non comune, se si considera che la band è attiva con questo nome dal 2003. Lasciata la Important records, l’ album è uscito per l’etichetta Temporary Residence, emblema del post rock (Mono, Bellini, Maserati, Miss Violetta Beauregard).
I Grails, giunti così al loro ottavo lavoro in studio a soli sei mesi di distanza dal già ottimo Take Refuge in Clean Living propongono questo oscuro Doomsdayers’ s Holiday, che fa del post rock un pretesto, ovvero una scatola dalla quale fare uscire mille ascolti e mille idee, seguendo però una coerenza invidiabile, e portando avanti un discorso partito già con i lavori precedenti, affascinante e in continua evoluzione. Sette tracce che scelgono un’ atmosfera da pena capitale e dal respiro pesantissimo, anche se talvolta il cielo cupo è rasserenato da brani come Natural Man, in cui, si rintracciano echi di flauto e di celesta che più che dalle propaggini di Pink Floyd e co. (a cui certo i nostri devono essere riconoscenti, almeno da Ummagamma in giù) sembrano direttamente usciti dal Piero Umiliani de La Ragazza dalla Pelle di Luna. L’ LP si apre con le grida ataviche della title track, aspirando a costernare e tormentare l’ ascoltatore per sfinirlo e poi finirlo con un lacerante muro di suoni, seguite da una più derivativa Reincarnation Blues, in cui partendo da un nasale motivo da incantatori di serpenti, tutta la psichedelia viene pian piano spremuta in un cocktail a base di blues, roots music, trame di sitar e tante distorsioni potenti e fluide. Scorrendo oltre la già citata Natural Man passiamo a Immediate Mate nella quale si vive un clima teso, quasi nevrotico, ma allo stesso tempo freddo e straniante, e si avverte una inesorabilità da prova generale del delitto che difatti viene consumato con una solenne ritualità nella successiva Predestination Blues. Ancora attraverso suoni e misticismo d’oriente della pur coinvolgente X-Contaminations si giunge a una incredibile ultima traccia, che sembra uscita da un piano bar per vampiri da quanto l’ apparente soluzione melodica (ma graffiata da delays lancinanti e orchestrata con ultraterrene tastiere), dolce e in quattro quarti nasconde torbidezza, ambiguità, dissoluzione. E ancora si sentono gli anni settanta del cinema italiano, questa volta però fatti realmente propri, a suggellare l’ integrità dell’ intero lavoro. I quattro membri attuali della band Alex John Hall, William Zakary Riles, Wiliam Slater e Emil Amos, tutti musicisti finissimi e, soprattutto tutti coinvolti in altri progetti (Neurosis, Jandek, Yellow Swans) inquadrano la reale forza di questo Doomsdayer’ s Holiday, che sta nel ridefinire alcuni concetti del post rock, primo fra tutti quello della personalità dello stile, attraverso le più diverse ispirazioni, in una libertà di linguaggio molto naturale e spontanea, avvalsa di colti riferimenti, sfruttati al meglio e fusi in una unica massa di dolore, energia e suggestioni visive.