Pensate a Inverno ’85; alcune band in Italia, senza far nomi, e molti appassionati, forse stanno facendo con i vostri dischi quello che tu facevi con “Wicked Gravity” di Jim Carroll. Tu cosa ne pensi?
Em: Non so, però sarebbe divertente vedere qualcuno di fronte allo specchio che fa “il primo dio”. Credo ci sia un momento generazionale, un momento dell’adolescenza, in cui si ha bisogno di riconoscersi in qualcuno. Poi si torna al problema della provincia dove spesso ti senti un po’ una mosca bianca; tutti quanti noi una volta arrivati a Bologna ci siamo conosciuti, non solamente noi 3, c’era un’idea un po’ più ampia di scena; a San Benedetto questo non c’era e c’era più bisogno di trovare degli amici e dei personaggi a cui ispirarsi. Ripensandoci ora a me basta l’immagine dei miei miti, non ho mai avuto voglia di conoscerli veramente perché mi sembra più potente l’immagine che mi sono fatto io piuttosto che confrontarsi con la realtà e con la mediocrità umana che ci attanaglia tutti.
Qual è il vostro rapporto con gli Stati Uniti e con la musica americana? Spesso siete stati accostati a gruppi del filone post-rock, a partire dagli Slint.
Em: E’ vero che ci sono dei punti di contatto ma ai tempi non conoscevamo quei gruppi che sono usciti quasi in contemporanea a noi; penso che forse arrivavamo dagli stessi ascolti.
Eg: Noi non sapevamo nemmeno che cos’era il post-rock, per anni ci hanno detto che somigliavamo agli Slint ma io per un anno o due non li conoscevo; però essendo della stessa generazione ci siamo dissetati alle stesse sorgenti, siamo di un periodo in cui quello che ascoltava un ragazzo a New York probabilmente riuscivamo ad ascoltarlo anche noi a Bologna non c’erano grosse difficoltà di reperimento in più eravamo abbastanza curiosi.
Vi: Io penso che da un certo periodo storico in avanti tutto l’occidente a livello di generazioni ha avuto le stesse sorti. La sfortuna nostra e di tanti gruppi italiani è che non siamo anglofoni e questo ci esclude da un mercato molto più grosso, secondo me molti gruppi italiani potrebbero stare a New York e conquistare il mondo “facendo” i Massimo Volume o altri in inglese; il fatto di non essere nati anglofoni ci esclude, ci limita, anche se poi a noi va benissimo muoverci in Italia. Però se c’è un limite è quello della lingua.
Ad Emidio. “così vicini, così lontani”, così si potrebbe definire il rapporto tra lingua scritta e lingua parlata. Come hai vissuto tu questo tipo di rapporto, visto che ti sei mosso “lungo i bordi” dell’una e dell’altra?
Em: Direi bene, ma in parte, perché quando mi sono ritrovato a scrivere allo stesso tempo un romanzo e i testi di alcune canzoni non è stato un passaggio facilissimo. C’è infatti un respiro diverso tra quello che è un testo e quello che è invece la forma pagina scritta. E’ vero che si tratta sempre di scrittura, ma da una parte, parlo dei testi, giochi più sulla sottrazione perché devi cercare di catturare l’attenzione con poche frasi potenti, dall’altra il romanzo ti dà la possibilità di rallentare il ritmo. Spero di continuare a tenere in piedi entrambe le cose; credo ci siano pochi scrittori che riescono a mantenersi esclusivamente scrivendo romanzi si rientra nella categoria dei lavori/hobby come anche un po’ quello di musicista, quindi mettendo assieme i due hobby fa un quasi-lavoro.
Ad Amsterdam lo scorso anno è stata inaugurata una grande biblioteca dove la musica pop e rock ha la stessa dignità dei classici greci e latini. Come vi ci sentireste voi?
Em: Io non sento questo peso di non essere riconosciuto, o che quello che facciamo viene reputato musica popolare, pop e che ci sia un gap rispetto alla classica; accetto con disinvoltura lo spazio che ci è sempre stato dato e che mi sembra quello giusto, alla fine. E’ chiaro che ora vediamo prospettivamente come classici le opere greche, latine, rinascimentali, mentre è difficile capire quale importanza abbia nella storia della cultura, non dico quello che stiamo facendo noi, ma in generale quello che sta accadendo in questo periodo; credo che la selezione avvenga col tempo. Ora ci prendiamo quello che ci viene dato e mi sembra già sufficiente.
Se dovessi rispondere d’istinto a quali personaggi letterari ti senti più vicino?
Em: Ce ne sono veramente tanti; quelli che mi hanno influenzato nel periodo in cui non avevo ancora trovato la mia voce sono stati sicuramente gli americani, da Carver a Steinbeck, anche Hemingway; ora le mie letture sono abbastanza varie, ma anche disordinate. Per esempio leggo dei libri che reputo bellissimi ma che poi non mi porto dietro e non mi aiutano nella scrittura; quindi non saprei dirti quali mi abbiano veramente influenzato e quali invece siano stati solo uno splendido momento di lettura.
Per quanto riguarda la partecipazione a “le città viste dal basso” con i Perturbazione, cosa ci puoi raccontare?
Em: Secondo me è carina l’idea di portare in scena l’Italia attraverso le canzoni, e poi mi è piaciuta anche perché non c’erano pregiudizi su dove andare a pescare le canzoni; era piuttosto trasversale si andava da De André e Fossati fino ai testi dei Massimo Volume. Mi piaceva per questo suo non essere settoriale. Inoltre loro sono degli amici ci siamo sempre divertiti a farlo. Il prossimo appuntamento sarà a Riva del Garda il 13 settembre.
Nelle vostre canzoni hanno sempre avuto un ruolo rilevante gli spunti autobiografici legati alla vostra esperienza e alle vostre amicizie a Bologna. Nel 2008 come pensate di proseguire con questo filone nei vostri testi? E qual è il vostro rapporto oggi con la città?
Em: L’impronta autobiografica c’è stata e probabilmente rimarrà, magari più edulcorata; i nuovi testi, se ci saranno ne dovranno tener conto; non posso rifarmi a un passato che non mi appartiene più. Tanti personaggi di Bologna che ho descritto continuano ad essere miei amici e mi piacerebbe descrivere anche qual è stato il loro cambiamento, può essere affascinante raccontarlo. C’è molta curiosità su come sta cambiando Bologna, da molti viene vista in decadenza. Io sinceramente non me lo chiedo più, vivendoci da 25 anni e vivendola nella mia quotidianità non mi sveglio tutte le mattine pensando “dove sta andando a finire la mia città?”, ma se ci penso posso dirti che questo non è sicuramente il suo periodo migliore. Non voglio essere passatista ma dico che al di là di alcune scelte sbagliate della giunta forse sono semplicemente dei passaggi generazionali, magari tra poco tornerà una nuova scena sarà di nuovo molto fresca e propositiva. In questo senso non so quanto io sarei pronto a viverla e comunque sarebbe giusto che ci fosse una nuova generazione a farlo, dal punto di vista della “proposizione sociale” noi abbiamo già dato.
Vi: porterei l’esempio di Torino; ci siamo stati 4-5 giorni per il Traffic e ho trovato una città propositiva anche dal punto di vista adulto mentre a Bologna ci si limita alle iniziative per la fascia di età degli studenti come il Link che frequentavamo 10-15 anni fa. A Bologna non c’è capacità di utilizzare la cultura da parte della politica: continuando il paragone con Torino quello che sono riusciti a fare al Traffic, cioè far respirare tutta la città attorno al festival, oggi a Bologna non sarebbero in grado di farlo.
Em: Va bene il discorso sulla politica, ma secondo me se c’è realmente una scena potente questa va al di là della politica, non ci si preoccupa di chi è l’assessore alla cultura. In altri paesi in momenti di particolare chiusura è comunque riuscita ad emergere una forte scena culturale.
Vi: Io non credo mai che ci sia crisi creativa, credo che non si riesca a far emergere la creatività che in fondo c’è sempre
Cosa ci dobbiamo aspettare dai Massimo Volume nel 2008? Altri concerti in giro per l’Italia? Un disco nuovo?
Em: Ci stiamo pensando, ci siamo dati tempo visto che adesso c’è lo “sciogliete le righe” di metà agosto; a breve volevamo parlarne anche tra di noi. Come diceva Egle, possiamo provare a fare un disco ma bisogna vedere cosa succede in sala prove, che il materiale sia bello, all’altezza degli altri dischi.
Eg: L’importante è che piaccia a noi tre, poi il resto è relativo.