Ti senti più cantautore o contestatore?
Mi sento cantautore, contestatore, musicista elettronico. Un tempo sul palco mi limitavo a sbraitare e ora non lo faccio più. Delle grida di un fesso su un palco rimane poco e niente, un bel disco resta e non invecchia.
Parlaci della tua esperienza con gli Adharma, il gruppo con cui suonavi in passato.
Ci siamo formati sui banchi di scuola, in seconda superiore e ci conoscevamo fin dalla quarta elementare, giocavamo a calcio insieme. Io e Simone ancora non suonavamo, Riccardo suonava già le tastiere. Prima c’è stata l’amicizia, poi la band, durata fino a tre anni fa. Siamo comunque rimasti amici (Trovarobato, peraltro, farà uscire a breve il primo LP del gruppo, datato 2006, ndr).
Rispetto al periodo in cui suonavi con gli Adharma com’è cambiato il tuo approccio al palco e al pubblico in particolare?
In realtà la nostra attività live era molto contenuta. La novità di Iosonouncane è stata, in realtà, il fatto stesso di fare concerti. Gli Adharma erano proprio un progetto di vita, poi conclusosi comunque in maniera difficile. Quando il progetto solista è nato, è stato tutto nuovo.
Ma ti manca l’esibirti in una band? È un’esperienza che rifaresti?
Ma assolutamente. Devo dire che negli ultimi tre anni ho conosciuto moltissimi musicisti, ma se dovessi suonare con qualcuno adesso sceglierei di nuovo indubbiamente Riccardo e Simone, due mostri assoluti, tra i migliori a cui uno possa affidarsi.
Vorrei condurti in un breve parallelismo. A parer mio, “La macarena su Roma” si situa in una curiosa metà strada, in un 2010 particolarmente prolifico per la musica italiana, fra la denuncia sparata de Il Teatro degli Orrori e la frammentazione degli Uochi Toki. Tu sembri prendere dai primi la forte connotazione politica e dai secondi la fascinazione per un uso creativo dell’elettronica a livello sonoro. Ti senti vicino alla poetica di queste due band? Se sì, in cosa?
Gli Uochi Toki mi piacciono molto, sono una delle pochissime cose uscite ultimamente in Italia che mi hanno affascinato. Il Teatro degli Orrori fanno tutt’altro da quello che faccio io, non possiamo paragonarci. Ascolto comunque tantissimi dischi e cerco di avere una coscienza critica verso i miei ascolti per poter fare al meglio quello che faccio.
Sei onnivoro, dunque, e lo si evince dalla gran varietà di mezzi espressivi che adotti. Come nasce un pezzo di Iosonouncane?
Ovviamente in pantofole e pigiama, la mia dimensione ideale. Comincio a raccogliere una gran quantità di campioni e di materiale sonoro che inizio ad assemblare, insieme ad altri frammenti di testi. È un metodo molto disordinato, ma non credo di avere una predilezione per una forma espressiva particolare.