Ciò che rende Lo-Fi, Back to Tape, album d’esordio di Antonio Vitale in arte Jester At Work, un’operazione più unica che rara, è la coraggiosa scelta d’incidere il tutto su nastro magnetico, un ritorno al passato, che ne esalta l’essenzialità, il punto fermo dell’intero full lenght. Uno sguardo minimalista di country folk lo-fi e blues, dall’animo made in Usa, prettamente cantautorale. L’ex leader dei Warm Morning 616 , confeziona una serie d’intrecci d’autore densi e cavernosi, con un caratteristico timbro vocale caldo e avvolgente che va a contrapporsi alle aperture d’arpeggi acustici leggeri e lineari. Il fraseggio chitarristico della opener, The Worst Cowboy, delinea da subito quale sarà il punto focale di questo sabbioso Lo-Fi, Back To Tape, un’inquadratura tenebrosa di un folcloristico e timido blues, dal fervore comunicativo diretto e senza orpelli. I’m on Fire, capitalizza una tensione compositiva degna di Johnny Cash, un mood decadente e vibrante che sembra acquisire lucentezza in A brand new motorbike, un frangente alleggerito da uno stampo quasi soul, sancendo l’attimo più ritmato dell’intero disco. La parentesi psych alla Beck di Invisibile Man determina un’alternarsi di registro che arricchisce le visitazioni sonore di Vitale, che propone diverse soluzioni per un repertorio che, altrimenti, risulterebbe eccessivamente monotono. L’emotività vibrante targata Nashville di Resurrection, è l’immaginario country per eccellenza del songrwriter abruzzese, un picco che con Bog’s Bubbole, trova l’accomodazione perfetta in quello che può sembrare un omaggio al Texano Willie Nelson. La registrazione a bassa fedeltà delle undici tracce dona all’intero panorama una schiettezza ed una eleganza anacronistica che Jester At Work sa vestire alla perfezione, rendendolo un imprescindibile valore aggiunto. Un lavoro dallo spirito forestiero che prende vita dall’estro totalmente nostrano di Antonio Vitale, che partorisce un ibrido fedele ai toni a stelle e strisce di una trentina di anni fa.