Carillon o Vibrafono ha poca importanza, l’incipit di Nel Mio armadio ci introduce in un mondo distorto e inquietante con la complicità di Marco Tonicelli che ha fatto della ricerca sulla timbrica vocale un disturbante esperimento sul concetto di identità. E’ forse l’unica traccia di Mivogliobenecomeunfiglio che ricorda apparentemente l’universo pop decostruito dei Blonde Redhead, colpa di un falsetto ai limiti con la stonatura o al contrario merito di una certa abilità nel percorrere quel solco labilissimo che sta tra melodia e sperimentazione; concisione e racconto libero indiretto, descrizione e pittura surreale. Una sensazione confermata da Flemma e Il Filantropo, entrambe debitrici della lezione di Marco Parente, o forse composte alla luce di un’amore comune, quello per i tormenti del giovane Yorke tradotto con quel salmodiare cattolico che affligge la lingua musicale Italiana da più di un ventennio. Il resto si muove su sentieri molto simili, attraversando Zappa e il pop oppure gli ultimi Thinking Fellers Union Local 282, altra roba ovviamente; bulimia generazionale che è un po’ il limite di certe produzioni italiche coeve; l’ansia di metter dentro tutto quanto e un equivoco tra caos e confusione spinge verso risultati spesso estenuanti; del resto, chi potrebbe dire che un lessico improvvisato dev’esser per forza peggiore del metodo scientifico come strumento d’osservazione della realtà? La splendida Polline ci mostra il songwriting di un duo di musicisti tra i più preparati e coraggiosi nel panorama musicale Italiano, con quella comprensibile propensione allo spreco di invenzioni che accompagna debutti appassionati.