La prosa di Kenji Siratori ha bombardato Indie-eye.it con un contatto e una richiesta attraverso i nostri canali di comunicazione, e ne siamo onorati. Difficile concentrare in poche righe un profilo di questo grande artista senza banalizzarne la portata. Ci atteniamo alle informazioni che Kenji diffonde da tempo con costanza mutante e virale. Lo stile di Siratori non ha nessun tipo di contatto con la scrittura tradizionale, tanto che se dovessimo per forza agganciare dei fili comparativi dovremmo parlare di Burroughs, Artaud e forse anche Queneau (questa è una nostra aggiunta di cui ci accolliamo tutte le responsabilità) rivisto attraverso il cinema di Kei Fujiwara o l’esperienza sonora di Satanicpornocultshop. Il lavoro e la renderizzazione tra lingua Giapponese e lingua Inglese che Kenji Siratori porta avanti da tempo spacca quel vetro di consenso che organizza personaggi e narrazione in un sistema coerente. La prosa di Siratori può essere definita solo a partire dall’attacco sensoriale di cui si serve, spesso anche utilizzando dispositivi ibridi capaci di coinvolgere video, suono, rumore. Blood Electric, la sua prima pubblicazione per Creation Book pare abbia conquistato anche l’immaginazione di David Bowie; quello che ci sembra comunque stimolante è il coraggio che l’autore apolide (Giappone/usa) dimostra nel lavorare con la decostruzione del concetto di Identità. In italia, al di là dei soliti orgasmi teorici, l’utilizzo della sensorete di massa offre uno scenario sconfortante, basta pensare al meccanismo narrativo di scambio tra Blog e oggetto libro secondo parametri tutto sommato tradizionali. Il blogger narratore, oltre a rifarsi a modelli avvizziti nel cancro della parola-barzelletta-commedia-gag-pilloladisaggezza-giudiziosommario, costruisce un inespugnabile sistema di protezione intorno alla propria identità (poco importa se falsa, simulata, dissimulata) senza il coraggio necessario e spesso sufficiente di sottoporre la prosa alla mutazione di più occhi/scritture. L’area commenti, ormai lo sappiamo, è un paravento che ha la stessa funzione di un Help desker per le aziende; trasmettere gli strumenti del consenso e frenare lo sfrangiamento della parola verso qualcosa di più fecondo. La mutazione non è un dovere, questo è ovvio, ma in rete ci minaccia anche e soprattutto quando si fa di tutto per costruire un contenitore, piccolo o grande come un Network fa poca differenza. Il titolo di questo intervento nasce da una fantasticheria personale del tutto sterile (Zolla ha scritto pagine meravigliose sui pericoli del fantasticare), ovvero Kenji Siratori all’opera con i testi delle più note (almeno nel loro ecosistema) Blogstar italiane e con i mezzi della sovrimpressione, collisione, clonazione; Vitale come l’ultimo Tsukamoto. Mechanical Hunting for grotesque è l’ultimo esperimento di Kenji Siratori pubblicato da Hypermodern Press, si tratta di un progetto multimediale complesso, che utilizza parola, prosa, atto della scrittura, immagine e rumore; questa è una preview.