La Fumaio Records di Bergamo si conferma ad ogni uscita come una realtà sempre più presente e convincente nel panorama italiano delle musiche “altre”; La Nevicata Dell’85, trio formato da Ivan Cortesi, Andrea Ardigò e Davide Catoggio è l’ennesima proposta degna di nota. Album dalla durata estenuante (quasi un’ora di musica, quando il trend ormai è quello di tornare ad un minutaggio più ridotto) l’esordio omonimo del gruppo lombardo dimostra di avere delle gambe ben solide su cui poggiare il proprio corpo, fatto soprattutto di progressioni post-rock dove i muscoli sono bene in evidenza e la dinamicità viene usata con sapienza, quasi fosse una parola d’ordine da recitare ogni qualvolta i brani sembrano perdersi in suggestioni psichedeliche dall’andamento dark; ecco, appunto, subentrare squarci chitarristici che creano inaspettati quanto piacevoli cambi d’atmosfera. Ciò permette di mantenere la tensione alta lungo tutta la durata del disco, fatto appunto di pezzi che spesso superano la barriera dei 5 minuti. 7° Inverno, brano che ha il compito di dare il via alle danze, è puro distillato emozionale alla Massimo Volume (i quali tornano spesso lungo l’arco del disco), con quell’incedere dove rabbia e spleen sembrano andare a braccetto, in un collasso post-hc che ricorda anche le cose degli ultimi Fine Before You Came (ascoltare anche Settembre). Lunghi momenti strumentali (il break di Polvere) si incastrano in un rifferama debitore delle lezioni indie noise di gente come Sonic Youth e Husker Du (sino a spingersi a lambire la furia dei Jesus Lizard, sentite il basso incazzatissimo che sorregge Delenda), in un risultato complessivo che deve molto alle intuizioni della band di Emidio Clementi: ovvero, appropriarsi della lezione del rock più ruvido e off di matrice statunitense, per farlo collidere con un sentire tipicamente europeo. Infine, nota di merito per l’artwork, un digipack cartonato arricchito da foto di paesaggi invernali realmente suggestive.