Quale è stata la genesi dell’album e quali le scelte artistiche che ne hanno guidato la realizzazione? Sui vostri precedenti lavori avete usato molte batterie acustiche. Su Faking the Books c’è addirittura una prevalenza di strumenti tradizionali, con una forte presenza delle chitarre. Su Our Inventions sembra invece che vi siate orientati verso un sound prevalentemente elettronico.
Dall’ultimo disco sono passati diversi anni, e proprio per questo avevamo voglia di provare qualcosa di diverso. Abbiamo deciso fin dall’inizio che stavolta non avremmo usato batterie acustiche. Volevamo sperimentare in nuove direzioni, personalmente ero interessata a fare qualcosa di orientato alla dance. Ci abbiamo provato, ma i brani non sembravano funzionare. Allora ci siamo liberati del tutto delle basi ritmiche originarie, per questo il disco suona molto più etereo rispetto ai precedenti. Abbiamo dovuto lavorare un po’ per poter rendere lo stesso effetto dal vivo. Di solito prima registriamo, e solo in seguito ci preoccupiamo di come proporre le canzoni sul palco. L’unica eccezione è stata proprio Faking the Books, perché nasceva già di per sé con un approccio piuttosto diretto, orientato al live.
Vi siete sempre serviti di campionamenti, glitch, rumori, suoni ambientali. Sono elementi che possono costituire l’ossatura di un brano o si tratta di semplici abbellimenti? Come nasce una canzone dei Lali Puna?
Dipende da chi la scrive. Io di solito comincio con un campionamento o con una loop di batteria, e poi aggiungo le tastiere. Markus parte sempre da registrazioni di chitarra e voce mentre Christian (Heiß, tastiere/programming) scrive tutto direttamente al computer.
La tua voce è un elemento caratteristico all’interno del vostro sound. Ti sei in qualche modo imposta di utilizzare un tono sussurrato? Ci sono stati dei modelli che ti hanno ispirata al riguardo?
Mi hanno sempre affascinato le voci femminili. Un modello molto importante per me è stata Kathleen Hanna, la cantante delle Bikini Kill… forse più in termini di approccio femminista che per quanto riguarda il modo di cantare, lei urla molto! Ho sempre amato anche Nina Persson dei Cardigans. Ho imparato a cantare semplicemente ascoltando i dischi che mi piacevano e cercando di emularli.
Quali sono i vostri punti di riferimento a livello musicale? Sarebbe un errore ricondurre tutto al Krautrock solo perché siete tedeschi, tuttavia l’uso della batteria ricorda molto lo stile di Klaus Dinger nei Neu! Il tuo modo di cantare invece è incredibilmente simile a quello di Alison Statton (Young Marble Giants).
Sicuramente sì, Neu! per quanto riguarda la batteria e New Order per il basso. Quando ho cominciato avevo a disposizione solo la mia voce, una tastiera e il computer per le basi ritmiche. Non ho pensato a quale fosse il tipo di sound che volevo ottenere, sperimentavo con i mezzi a mia disposizione e registravo su di un mixer a quattro piste… All’epoca non conoscevo nemmeno gli Young Marble Giants. Quando ho fatto ascoltare a Markus le prime cose che avevo scritto è stato lui a consigliarmeli. In effetti mi sono riconosciuta in quel tipo di approccio, specie nel modo di cantare della Statton, perché si avverte chiaramente che è molto timida.
La notorietà che avete ottenuto a livello internazionale è in parte dovuta alla sponsorizzazione di Johnny Greenwood (Radiohead) che, all’inizio della vostra carriera, ha più volte definito Tridecoder come uno dei suoi dischi preferiti. Siete rimasti in contatto con i Radiohead?
Non proprio, ci siamo incontrati diverse volte ma il fatto è che i Radiohead progrediscono continuamente, focalizzandosi ogni volta su qualcosa di diverso. Probabilmente adesso sono interessati ad altro.
Ci è sembrato che il pubblico questa sera fosse molto più numeroso ed eterogeneo rispetto a quello che veniva a sentirvi negli anni passati.
Mi sono stupita anche io della quantità di gente presente questa sera. Non ne avevamo idea, e non potevamo fare nessun pronostico perchè non ci sono state prevendite. Nelle mie previsioni anche 150 persone sarebbero andate bene! Credo davvero che l’impatto avuto dal film di Sorrentino abbia in questo senso giocato un ruolo molto importante.