Cori da sirene, gufi miagolanti, mondi racchiusi nella propria snowglobe, suoni che sembrano usciti da un libro di Andersen. Questo e altro troverete – siori e siore – in Salamastra, album di debutto dei Lapingra. Salamastra è l’animale guida del viaggio in dodici tappe degli isernini Angela Tomassone e Paolo Testa. Tuttavia, definirli un duo sarebbe limitativo, dal momento che alla realizzazione del disco hanno preso parte più di una decina di collaboratori, fra musici e coristi. Il brano Whop! (giusto per citare un caso fra tutti) è stato interamente eseguito dalla Gentelmen’s Land Airlines Big Band, ovvero un ensamble di quindici persone. Un cabaret musicale che in alcuni punti richiama a quel gran saloon che racchiude il pop psichedelico di Beatrice Antolini, Jennifer Gentle e le esecuzioni alla Denise. L’uso di strumenti non convenzionali, il più delle volte imprecisi e fruttuosamente “grezzi”, sta alla base delle sonorità dei Lapingra e nonostante gli arrangiamenti dell’album possano avvalersi del supporto di archi e fiati, la presenza di melodie dream pop fa da padrone. E del resto i richiami ad un mondo evanescente ed onirico compaiono nel corso dell’album come un vero e proprio catasto tanto da portare ad un solenne Basta con questa fantasia! sulle note di Der Blaue Angle. Le canzoni alternano suite a più voci degne dei più assidui beoni delle locande fiabesche (Whop!) a incursioni recitate (il finale di Run Atreyu, In Tiber Biber, la chiusa di Put Them In a Box), pezzi molto orecchiabili e ballabili come This Is Not A Test e Solo Un Disegno Circolare a passaggi cardiaci come in Miracles. I Lapingra si lanciano in un progetto rischioso poiché lavora su una materia da manipolare con cura: quella del casareccio e del gusto per l’imperfezione dell’attrezzatura, scelta che potrebbe risultare anacronistica visto che giunge in un momento in cui il piacere per la rifinitura da post produzione è tanto necessario quanto, talvolta, posticcio. Nonostante ciò, i Lapingra riescono a strutturare un album in stile Parnassus perché alla pari del film del 2009, realizzano un disco fatto di illusioni, capace di provocare suggestioni fantasiose, surreali e con un certo sapore naif.