Ecco fatto. Finalmente. Ci sono dischi che viene bene descrivere così, senza ulteriori appunti, senza fronzoli, se non con un 10 e lode a tutti, artista, produzione, marketing. Purtroppo per oneri di competenza qualche riga in più va scritta, mi limiterò quindi a descrivere quello che a pieno titolo può essere considerata una perla nella musica indipendente italiana, e, in previsione, un vero peccato qualora non venisse colta nell’ immenso valore, ripeto, non solo artistico che ha. Stiamo parlando di Le-Li, e del suo Ep di debutto, Music is not for grownups, uscito a fine 2008 per la neonata, ma già al top, Garrincha Dischi. Ma partiamo dal principio. Una confezione in finta pelle rossa, rifinita a mano che scopro successivamente, accedendo al suo myspace, essere personalizzata copia per copia, gialla, nera, metallizzata, con diversa gamma di texture. Confezione molto più che accattivante, perché concreta, tattile, viva, al cui interno in una custodia di cartoncino interamente bianca è contenuto oltre al cd, un libretto che è un amore. Libretto nel quale è contenuta, con una grafica ripresa da un quaderno a quadretti di terza elementare e tanti disegni infantili, la storia di Le-li, ragazza che acquista passione fin da piccola per una chitarra che il padre le teneva nascosta sopra un armadio, in attesa che sua figlia crescesse e riuscisse a suonarla, e la storia di un amore, tra i banchi di scuola, finito male, e la voglia, oltre che di piangere, di suonare quella chitarra. Non penso di macchiarmi di blasfemia se chiamo, già solo questo, infinitamente poetico. E ancora non ho messo il cd. Lo metto, con curiosità. Solo cinque, brevi, intensissime tracce. Tracce non di una originalità assoluta, ricorda moltissimo i Comaneci per esempio, ma che fanno dell’ intimismo una ragione esistenziale, una voce non propriamente di matrice italica, anzi, totalmente anglosassone, se non fosse per la numero 4, Un regalo strano, a mio giudizio la migliore del cd, che spero possa essere l’ indirizzo per gli sviluppi futuri, cantata nella lingua di Dante e Manzoni, benissimo. Una voce, la sua, di un calore (e un colore) atomico, che certo non fa mistero di una sensualità ammiccante, fatta di sussurri irresistibili, arrangiamenti minimali, ma perfetti, non ovvi, non sperimentali. Ultima traccia una reintepretazione alquanto insolita di Pretty Vacant dei Sex Pistols. Forse si consuma tutto troppo velocemente, ma che brividi!