giovedì, Dicembre 26, 2024

Le Man Avec Les Lunettes – Plaskaplaskabombelibom (My Honey Records – Zhar Records 2008)

Dopo oltre 100 concerti in tutta Europa, split, raccolte e partecipazioni a compilation, al termine di oltre 2 anni di lavoro arriva quello che potremmo considerare come il vero e atteso debutto dei Le Man Avec Les Lunettes, sestetto bresciano, punto di forza della My Honey di cui sono i principali portabandiera sin dalla fondazione.
L’ascolto di “Plaskaplaskabombelibom”, registrato ed arrangiato dalla band stessa e prodotto da My Honey insieme a Zhar Records, è sicuramente piacevole, compendio di varie influenze rielaborate con gusto, stile e attenzione per i particolari, a dare 9 piccole gemme pop che scorrono dolcemente, perfette per riscaldarci durante la malinconica stagione autunnale a cui andiamo incontro.
“The Happy Birth Of You And Me” apre le danze con una melodia cristallina di beatlesiana memoria e una coda strumentale sognante, in cui violoncello, chitarra e xilofono si incastrano alla perfezione; con la seguente “Apples” il ritmo aumenta, con maggior uso di tastiere che in alcuni momenti rimandano a certo synth e twee pop anni ’80; “Se På Stjärnorna” è invece il brano più breve del disco, riuscito mix tra il lo-fi di scuola Pavement e la dolcezza delle Au Revoir Simone. A questo punto si hanno i picchi dell’album: “I Can’t Get Anything”, reso ancor più malinconico dalla voce di Francesca di Comaneci e Amycanbe che si adagia su violoncello e piano nei momenti più drammatici per poi risalire accompagnata dalle tastiere: un vero gioiello; “A Summer Song”, al contrario, è più solare, come suggerito dal titolo; a farla da padroni nel ritornello sono infatti coretti, handclapping e piccoli inserti di fiati su un motivetto essenziale e trasognato praticamente irresistibile. La seconda parte del disco è meno incisiva, pur con momenti interessanti, specie nelle tastiere ammiccanti di “The Biggest Way” e in alcuni fraseggi di “Supermarket For Superman”. Ritorno ad alti livelli con la conclusiva “The Lunch Boy”, ballata che racchiude in sé tutto il meglio di quanto proposto nei brani precedenti, cioè una melodia fresca retta da chitarre indie e tastiere, arrangiamenti intelligenti e mai banali, cori sognanti, a dare un po’ di colore alle giornate grigie in arrivo.
In definitiva una buona prova quella dei bresciani, in grado in alcuni passaggi di non sfigurare anche nei confronti di altre produzioni ben più blasonate, ma che va considerata come un punto di partenza e non di arrivo, in quanto i margini e le potenzialità per migliorare ulteriormente ci sono.

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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