“La società dello spettacolo”, nuovo disco di Luca Bassanese, trae liberamente spunto dall’omonima opera filosofica di Guy Debord, reinterpretandola e riconducendola a scene quotidiane. Davanti a temi così elevati, che si penserebbero più adatti ad una tesi universitaria, si corre il rischio di scadere nella retorica o nella noia, cosa che non accade grazie alla versatilità del cantautore vicentino, capace di dare tocchi di poesia ed ironia ai testi, oltre che varietà stilistica ad ogni brano, aiutato in questo sia dall’orchestra di strada che lo accompagna, sia dalla sua estensione vocale, che svaria tra tre registri: baritono, tenore e contralto.
Tra gli intenti di Bassanese c’era quello di utilizzare strutture popolari per i brani, rimanendo al contempo fresco e giovane: i risultati sono in questo senso più che buoni. Si spazia infatti tra sonorità folk di varia provenienza, dal sud Italia ai Balcani alla penisola iberica, arrangiate con gusto ed equilibrio, e stile più tipicamente cantautorale, raggiungendo picchi davvero convincenti.
Tra questi ci sono “Via la morte”, in cui i cori danno forza a un testo, che punta molto sull’ironia, accompagnato da ritmi esteuropei che richiamano Bregovic; “Santo subito!”, il brano più coinvolgente del lotto, con un ritornello che rimane in testa al primo ascolto, un attacco deciso ma con un pizzico di leggerezza pop (e una risata) alla religione e al potere in generale; “Canto”, in cui affiora l’ombra dell’amato De Andrè, struggente riflessione su un addio da cui emergono attimi di pura poesia; “L’amore disperato (sempre vincerà)”, sul dramma dell’immigrazione e di un amore lontano, ma con un senso di speranza sullo sfondo e nei ritmi zigani; la conclusiva “Ritorno a casa”, dove sparisce l’arrangiamento orchestrale per lasciare spazio ad una semplice ballata di solo pianoforte, in cui la voce di Bassanese colpisce dritto al cuore l’ascoltatore, riuscendo quasi a convincere che l’affermazione ritorno a volare, ripetuta nel brano, sia per lui possibile. Altrove, per esempio in “Maria” e in “Va tutto bene”, la magia non pare palesarsi con altrettanta forza.
Si tratta comunque di piccole pecche in quella che appare un’opera davvero degna di attenzione, in grado di consacrare Bassanese tra le migliori promesse (ma anche qualcosa di più) del cantautorato italiano odierno, forte di un talento raro, spesso utilizzato al meglio.