Gli M+A non sono norvegesi. Eppure, titoli come Blå o Bergen.jpg traggono facilmente in inganno, con quel sound simile all’elettronica downtempo e sognante dei Röyksopp (e dalla cui discografia, gli M+A sembrano aver attinto, seppur con molta discrezione). In realtà ci troviamo in Italia, precisamente a Forlì, luogo dove Michele Ducci e Alessandro Degli Angioli, due ragazzi poco più che ventenni, hanno avuto la brillante idea di creare qualcosa che fosse “spiazzante” (almeno nel nostro paese), riuscendoci (con tutte le riserve del caso), e addirittura strappando un contratto all’inglese Monotreme Records. C’è una piacevole esterofilia che emerge dagli esercizi di elettronica del duo, e quella molesta variante diatòpica che contraddistingue chiunque si cimenti con una cultura estranea a quella nativa, non è certamente di casa in Things Yes. Inoltre, ci piace constatare come i topos della letteratura ritmica e sonora scandinava ricorrano in maniera del tutto confacente all’originale in questo lavoro; attraverso un naturalismo onomatopeico, reso – in maniera quasi ossimorica – con macchinosi strumenti giocattolo. E in effetti, già la prima traccia, Yelloww, non sfigurerebbe cantata da Jónsi dei Sigur Rós, pur trovando una propria dimensione nel contesto italico di questo progetto, ed avvicinandosi maggiormente all’atteggiamento esangue di gruppi electrofolk come Kings Of Convenience, nelle loro prove meno acustiche. Così, le voci di bambini giubilanti in sottofondo, gli stravaganti campionamenti ed i sintetizzatori più commerciali si sposano per da vita ad un connubio tra musica synthpop svedese, ritmi UK garage (si ascolti Yes. Pop) e pezzi che invece sono più vicini al pastiche musicale e all’abuso di “toy instruments” delle CocoRosie. Le tracce più “minimali” rischiano di essere quelle meno ordinarie, come sommer (rigorosamente in minuscolo), dove il campionamento del tappeto sul quale si adagiano le poche parole del testo, ospita lievi percussioni tribali ed uno “switch” finale che accende l’ascoltatore. In Bam ritornano le influenze dell’algida elettronica del Nord Europa, con giochi vocali settacciati attraverso un vocoder e grazie ai quali la stessa traccia prende forma: ci ricorda tanto la prova solista del già citato Jónsi, ma il fatto che gli M+A siano italiani, ci fa ancora gridare al miracolo. Blå racchiude nel titolo il vero emblema della loro passione per il mondo musicale scandinavo, con quella “å” che condividono danesi, svedesi e norvegesi (e non solo). Il rischio di questo progetto è quello di risultare anacronistico nei luoghi dai quali i due pescano e troppo “avanti” nel Bel Paese, sebbene piacevolmente singolare nel panorama indie nostrano, dove l’unica trasgressione sta sempre nel concedersi liriche astruse su melodie “anacronisticamente” britanniche.