L’unica cosa che devi fare è massacrare le tue paure è la frase ripetuta nel ritornello di uno dei brani del nuovo disco dei Marta Sui Tubi. Il gruppo di origine siciliana si attiene completamente a questa affermazione e sfodera la sua migliore opera, lasciando spazio a un fiume di creatività ed originalità, senza i cali di tensione che caratterizzavano invece i dischi precedenti. Ci troviamo infatti davanti ad un’ottima prova sia dal punto di vista musicale, con strutture elaborate in bilico tra folk, rock, cantautorato e qualche apertura quasi jazzata, sia dei testi, con uno sguardo diretto ed ironico sulla società e i sentimenti.
Dopo la breve “Arco e sandali”, dal testo introspettivo su arpeggio di chitarra, il secondo brano è “Cinestetica”, contraddistinto da un ritmo nervoso, con stop and go e brevi inserti di piano. “La spesa” ha invece un andamento più rilassato, ma ad accompagnare un testo che affonda come una lama nella difficoltà dei rapporti nella società odierna. Praticamente geniale la seguente “Non lo sanno”, filastrocca cantata da bimbi, che lascia spazio ad un piano di memoria prog rock, incentrata sul parallelismo tra i lenti spostamenti dei continenti e le nostre vite. Altra perla dai risvolti “sociali” è “Dio come sta?”, con passaggi pianistici e cambi di ritmo, che ricordano gli Area, di supporto ad attimi di puro lirismo, analisi di ciò che ci circonda che sfocia nella ripetizione quasi sciamanica di La paura degli esseri umani è paura di essere umani. Si mantiene altissimo il livello dei testi, capaci di evocare immagini una più potente dell’altra, nella seguente “Lauto ritratto”, ballata di impianto classico, con piano e archi in evidenza, destinata a diventare un classico al pari di “Vecchi difetti”. Accelerazione con batteria drum’n’bass, sfuriate noise e testo reiterato ipnoticamente in “L’unica cosa”, già citata in apertura di recensione, seguita dal divertissement “Dominique (canzone di gelosia)”, in cui si gioca, oltre che col jazz, con muri di suono e growl metal. Si torna su ritmi meno sostenuti con “L’aria intorno”, ballata che è un piccolo capolavoro di scrittura, così come la successiva “Licantropo”. La title-track si muove su temi già cari agli Afterhours, cioè il rapporto tra Milano, droghe ed ipocrisia; la visione è più o meno la stessa, senza pietà per nessuno, un elenco di nefandezze che pare interminabile, tanto più che la coda del brano si protrae per un paio di minuti di rumorismo fino alla metafora finale (Milano è un’ape impaurita vestita di seta stracciata), che sembra cadere lì per caso, ma che riassume perfettamente le contraddizioni della metropoli lombarda. L’ultimo brano è un’altra bellissima ballata, “Pensieri a sonagli”, riflessione su amore, odio e incapacità di comunicare.
La sensazione al termine dell’ascolto di “Sushi & Coca” è quella che i Marta Sui Tubi siano giunti alla completa maturità e che questo possa essere il disco della loro definitiva ed incontestabile ascesa tra le migliori band del panorama italiano, grazie ad una capacità non indifferente di trattare la forma canzone, sia quando viene affrontata in modo più “classico”, sia quando si dà spazio alla sperimentazione.